sabato 30 gennaio 2016

Corriere 30.1.16
Il messaggio del Papa al ragazzo che denuncia gli abusi
Napoli, accusa un sacerdote di averlo violentato. «Mi comprò un motorino. Per tacere mi diedero 250 euro»
di Antonio Crispino

«Il Santo Padre le chiede di sospendere lo sciopero della fame. Ha letto la sua lettera, è rimasto colpito e seguirà personalmente la vicenda». Sono le parole che monsignor Giovanni Angelo Becciu, sottosegretario per gli Affari Generali del Vaticano ha pronunciato ieri mattina a Sergio Cavaliere, l’avvocato di Diego (nome di fantasia), presunta vittima di abusi sessuali da parte di un prete della diocesi di Napoli.
Diego era in sciopero della fame dal 18 gennaio scorso dopo aver denunciato le violenze subite da adolescente.
I fatti incriminati risalgono a quando Diego (oggi 40enne) aveva 13 anni ed era alunno di terza media. Il suo professore di religione era don Silverio M. «Mi invitò ad andare a casa sua dopo le lezioni — racconta —. Quando arrivai chiuse le persiane, mi fece sedere su un divano e iniziò a baciarmi in bocca. Le avance si trasformarono in rapporti sessuali per almeno due anni. Iniziarono richieste strane a cui trovava sempre una giustificazione. Aveva anche tante perversioni. A 16 anni gli dissi che quegli incontri mi facevano stare male e lui poco dopo mi comprò un motorino». Racconta tanti dettagli intimi: «Ha un difetto fisico che può conoscere solo chi ha avuto rapporti sessuali con lui».
Diego di questi incontri non ne parla con nessuno, si sente colpevole. Si rimprovera di non aver avuto la forza di opporsi. È costretto a rivelare tutto alcuni anni più tardi.
Avverte un malore mentre sta lavorando come guardia giurata. Dopo un lungo deambulare tra medici e specialisti viene indirizzato a uno psicoterapeuta. «Ci sono voluti otto mesi per tirargli fuori la verità — ricorda il dottor Alfonso Rossi che lo spinge a denunciare —. Parlare della sfera intima significava provocargli un vomito violento».
La prima lettera alla Curia napoletana la spedisce la mamma di Diego nel 2010. «Qualche giorno dopo due ragazzi ci consegnano una busta e vanno via. Dentro c’erano 250 euro» ricorda la moglie di Diego con la quale ha avuto tre figli.
È la prima volta che Diego racconta tutti i dettagli della sua vicenda. Lo fa tra singhiozzi e balbuzie. Diventa paonazzo quando ricorda il giorno delle nozze. Apre il computer e mostra una fotografia: al centro c’è don Silverio che abbraccia sorridente la moglie e tiene sottobraccio lui. Che è l’unico a non ridere. Ha un volto funereo. «Mia mamma volle a tutti i costi che a sposarci fosse quel prete, io non potevo dire niente. Mi sentivo morire».
Dopo il malore la famiglia si rivolge alla rete l’Abuso (che nasce dall’idea di un gruppo di persone abusate da sacerdoti) di cui è presidente Francesco Zanardi. Inviano una nuova lettera al cardinale Crescenzio Sepe, ma anche al ministero dell’Istruzione. «Pur sapendo di cosa fosse accusato, mandano il prete a insegnare in una scuola media di Volla (Na) con bambini di dieci anni» accusa l’avvocato. Diego minaccia di uccidersi con la pistola d’ordinanza. Tutto quello che ottiene è il ritiro del porto d’armi e la perdita del lavoro.
A ottobre 2015 gli propongono una visita con uno psicologo di fiducia della Diocesi. «L’obiettivo era chiaramente quello di farlo dichiarare pazzo e chiudere il caso. Abbiamo rifiutato» replica il dottor Rossi. Di don Silverio invece si perdono le tracce. La curia gli toglie la parrocchia ma sul sito della Diocesi risulta ancora tra i sacerdoti in servizio.