Corriere 28.1.16
Vittoria e rischi del governo
di Massimo Franco
Quando
sono le opposizioni a scegliere il terreno di attacco al governo,
Matteo Renzi dà il meglio di sé. Addita spietatamente i loro limiti e
contraddizioni. E ne esce trionfatore. Quanto è successo ieri al Senato
lo ha certificato.
Se invece il premier deve fronteggiare i guai
interni al Pd e rivedere i propri piani, le dinamiche diventano subito
più contorte; in qualche caso elusive. E anche questo aspetto è
diventato lampante ieri, con lo slittamento delle votazioni sulle unioni
civili: almeno una settimana dopo la manifestazione del Family Day del
30 gennaio.
Le due vicende non sono in contraddizione.
Rispecchiano la volontà di compattare la maggioranza e non correre
troppi rischi. Il presidente del Consiglio era consapevole di non avere
problemi nelle votazioni di ieri. Anzi, deve avere intuito che il
tentativo di spallata si poteva trasformare in una splendida occasione
per segnare un punto a favore. E non solo per il «no» alla sfiducia
gonfiato dal gruppo dei transfughi berlusconiani di Denis Verdini. Nella
maggioranza, nessuno era disposto a un voto che avallasse l’idea di un
conflitto di interesse del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi,
per il ruolo svolto dal padre a Banca Etruria.
Gli avversari ne
hanno chiesto le dimissioni «per una questione di dignità». Ma Renzi non
è quasi entrato nel merito della vicenda. Si è limitato a sottolineare
«la strumentalizzazione politica»; a lamentarsi dei giornali che, a suo
avviso, avrebbero dato più spazio a quella vicenda che all’emergenza dei
migranti. E ha detto a Forza Italia, a proposito di conflitti di
interessi: «Da che pulpito...»: un’allusione sferzante al doppio ruolo
di premier e imprenditore televisivo di Silvio Berlusconi. L’inciso
assurge a simbolo non solo della giornata, ma delle ragioni che spiegano
l’invulnerabilità parlamentare del segretario del Pd anche nei momenti
di maggiore debolezza.
Renzi è a Palazzo Chigi grazie agli errori
e ai limiti avversari. E ogni volta che gli vengono imputati
comportamenti sbagliati, può rispondere che la colpa di quanto accade è
di chi lo ha preceduto; o comunque, che chi c’era prima ha fatto di
peggio o non ha fatto nulla. È la linea di difesa che ha scelto sul
conflitto di interessi attribuito alla Boschi; sul salvataggio delle
quattro banche locali, tra cui l’Etruria, che dovevano essere aiutate
«25 anni fa». E ancora più netto è stato nel replicare alle accuse di FI
di avere una maggioranza spuria, ingrossata dai seguaci di Verdini.
«Siete divisi, e siete sempre meno», ha detto rivolto ai banchi
berlusconiani.
Traduzione: siete voi a perdere pezzi, il problema
dunque è vostro. I 178 «no» alla mozione di FI e Lega sono un segnale
vistoso: la maggioranza richiesta era di 141 voti. Dunque, il governo ne
ha presi 37 oltre la soglia richiesta. E alla richiesta di sfiducia
presentata dal Movimento 5 stelle è andata ancora peggio. Ma questo
lascia pensare che sarà difficile un accordo tra coalizione governativa e
partito di Beppe Grillo quando la settimana prossima si voterà la legge
sulle unioni civili. La tensione tra Pd e M5S rimane aspra. E c’è da
chiedersi se Renzi sia pronto a sfidare un Senato in bilico su una legge
che, nel testo attuale, concede i figli in adozione alle coppie
omosessuali. Il fatto che abbia definito la legge «non rinviabile»
faceva presumere che volesse andare fino in fondo, adozioni incluse. E
invece, il rinvio è nei fatti, con quasi tutti d’accordo. D’altronde,
Renzi sa che il testo è percepito come una forzatura ideologica. Dunque,
gli basta che passino le unioni civili. Il resto è trattativa.
Massimo Franco