Corriere 26.1.16
Gli affari Italia primo interlocutore
E Teheran farà da ponte verso i mercati dell’Asia
ROMA
Minerali, macchine per produrre acciaio e alluminio, navi, binari e
vagoni. Ma anche elettronica, un gasdotto lungo quanto l’Italia, gli Atr
di Finmeccanica, metropolitane, alcune migliaia di chilometri di rete
ferroviaria, strade, porti, 70 locomotori, 600 propulsori marini, tre
ospedali, la ristrutturazione di alcune raffinerie.
E la lista
potrebbe continuare a lungo, soprattutto è destinata a diventare più
ampia, ad arricchirsi di nuovi contratti. Per ora il valore complessivo
si aggira sui 17 miliardi di euro, ma già a febbraio ci sarà un’altra
missione governativa in Iran, con i ministri Martina e Delrio: altre
collaborazioni commerciali, altri contratti e il settore
dell’agroalimentare, che nelle previsioni delle relazioni bilaterali
registra moltiplicatori a due zeri, da qui a dieci anni. Poi prima della
fine del 2016 la quarta missione italiana in due anni, con altre
centinaia di imprenditori a caccia di affari.
Matteo Renzi, con i
suoi, ne prende atto con soddisfazione: «È solo l’inizio, stiamo
gettando le basi per una collaborazione bilaterale con l’Iran che ha
carattere strategico e che posizione l’Italia in un ruolo privilegiato».
A
Palazzo Chigi, come al Quirinale, a fine giornata, registrano in primo
luogo il dato politico: «Scegliere l’Italia come primo Paese
dell’Occidente, da parte di Rouhani, per la sua prima missione
all’estero dopo la chiusura delle sanzioni, è una scelta di geopolitica
che è stata vagliata a lungo dalle autorità di Teheran e che pone
l’Italia in una posizione di interlocutore prioritario rispetto a tanti
altri Stati», è la riflessione comune delle due istituzioni.
Ma
non solo, al dato politico, si affiancano, sino a superarlo, la densità e
la portata degli accordi economici e commerciali siglati ieri sera in
Campidoglio, alla presenza del presidente del Consiglio e del presidente
iraniano, prima della cena con vista sui Fori, sulla Terrazza
Caffarelli, luogo fra i più suggestivi di Roma, dove Renzi invita gli
ospiti che vuole più coccolare.
È possibile che già prima della
fine dell’anno Matteo Renzi ricambi la visita di Rouhani, con un viaggio
in Iran: ovviamente ieri è arrivato l’invito, accettato con piacere da
Palazzo Chigi.
Ma sono soprattutto le parole che Rouhani ha
pronunciato a porte chiuse che hanno colpito le delegazioni, sia al
Colle, che nel governo: «Considerateci come un ponte per l’Asia per il
vostro made in Italy, i nostri porti, la nostra rete ferroviaria, sono a
vostra disposizione, possiamo diventare una base commerciale della
vostra produzione per molte destinazioni internazionali. E vi assicuro
che l’Iran si aprirà anche dal punto di vista finanziario, un’occasione
per molte vostre banche e assicurazioni, che speriamo venga accolta con
favore».
Insomma le coccole, almeno diplomatiche e commerciali,
sono state reciproche. E la voglia di «recuperare il tempo perduto con
le sanzioni», per usare sempre uno dei concetti ripetuti da Rouhani nel
corso della giornata, si accompagna alla scelta di un interlocutori
commerciale, economico e politico considerato migliori di altri.
L’Italia,
che sino a dieci anni fa era il primo partner commerciale di Teheran,
almeno fra i Paesi europei, è fra questi. Del resto anche Roma deve
recuperare, solo negli ultimi 4 anni l’interscambio è calato del 60%. La
Germania, come accaduto in altre occasioni, ha preso meno, tenuto
meglio e guadagnato la prima posizione fra i partner della Ue. Rouhani
domani sarà a Parigi, vigilerà sulla conclusione dei contratti di
acquisto di 114 Airbus (dato che i nostri diplomatici snobbano così: «I
francesi ormai vendono solo quello»). Poi rientrerà in Iran. Il fatto
che non passi da Berlino non significa che i tedeschi stiano con le mani
in mano: il settore veicoli industriali della Daimler ha siglato
contratti con le autorità di Teheran praticamente un minuto dopo la fine
delle sanzioni economiche. Mentre l’americana Boeing si è già messa in
lista per rinnovare, anche lei, l’obsoleta flotta iraniana.