Corriere 26.1.16
Da Carlo V al Vaticano II. Il dilemma su opere e fede
di Giuseppe Galasso
È
difficile non percepire il rilievo storico della partecipazione di papa
Francesco all’avvio nel prossimo ottobre, a Lund, delle celebrazioni in
vista del cinquecentesimo anniversario di quell’affissione delle 95
Tesi di Lutero alla porta della chiesa del castello di Wittenberg (31
ottobre 1517), che è stata da sempre assunta come data di nascita della
Riforma protestante.
Molti colloqui tra protestanti e cattolici vi
furono nei primissimi tempi della Riforma, e puntò le sue carte su una
loro conciliazione Carlo V come sovrano del Sacro romano impero. Nel
1541 si tenne l’incontro sostanzialmente decisivo di questi ripetuti
tentativi. Vi fu presente per i cattolici il cardinale Gasparo
Contarini, noto esponente dell’ala moderata della Curia romana. Da parte
protestante vi parteciparono Filippo Melantone e Martin Bucer,
personalità eminenti del campo opposto. L’incontro si arenò del tutto
sulla questione della Dottrina della giustificazione del cristiano (solo
per la fede, come per Lutero, o per la fede e per le opere, come per la
Chiesa cattolica?), che implicava quella del ruolo della Chiesa nella
vita dei fedeli e nel mondo, nonché quella della posizione e del ruolo
del papa nella Chiesa.
In seguito il solco tra cattolici e
protestanti si fece molto più largo e profondo di quanto si sarebbe mai
potuto pensare fra credenti che si rifacevano tutti al nome e alla
parola del Cristo, con conseguenze sanguinose e devastanti nella storia
d’Europa e all’interno di ciascuna delle due confessioni cristiane, di
cui l’una considerava l’altra come l’impero del male.
Tranne poche
eccezioni, un diverso orizzonte si aprì solo col Concilio Vaticano II e
con i papi Giovanni XXIII e Paolo VI. Dal Concilio uscì una dottrina
dell’ecumenismo come dimensione essenziale della condizione di una vera
confessione cristiana, cui si accompagnò pure l’istituzione di un
Segretariato vaticano per la ricerca dell’unità fra i cristiani. Sono
due prospettive diverse. L’ecumenismo va molto oltre i confini tra i
cristiani e abbraccia tutte le altre maggiori religioni. Quanto a
protestanti e cattolici, si è svolto dopo il Concilio un lavoro
intensissimo, che giunse nel 1999 a una dichiarazione congiunta sul
punto dottrinario di maggiore contrasto, quello della giustificazione.
Il documento è, peraltro, più una registrazione sinottica delle due
diverse posizioni che una loro effettiva mediazione. Nel frattempo si
sono moltiplicate le cerimonie comuni, le concelebrazioni, gli incontri e
le altre iniziative che attestano il grande miglioramento del clima dei
rapporti fra le due confessioni.
La presenza del Papa a Lund —
una novità assoluta, si dica pure gigantesca, del tutto imprevedibile
fino a ieri — potrà significare o portare a qualcosa di diverso? Il peso
di un passato non casuale né immotivato rende difficile pensare a una
totale vanificazione di contrasti di idee che ebbero ragioni profonde e
per nulla pretestuose. Ma neppure si pensava che dal Concilio Vaticano
II si giungesse fin dove ora si è giunti. Il passato ammonisce anche,
infatti, a essere molto prudenti nelle previsioni.