lunedì 25 gennaio 2016

Corriere 25.1.16
Gotor e la «voglia di governo» verdiniana: neomoderati da battere, Matteo li imbarca
di Dino Martirano

ROMA «Il senatore Verdini ha la furbizia e la vitalità di un capitano di ventura che ha cambiato padrone: merita il massimo rispetto, come avversario. Per questo, noi della minoranza del Pd, lo combattiamo. La forza di Verdini sta nel fatto che ha una strategia precisa, finalizzata a una nuova “stabilizzazione moderata”, con spostamento a destra dell’asse del potere e con il Pd come fulcro. Una “svolta”. Che nella nostra storia ha sempre assunto il volto del “momento di rottura”, con apparente rovesciamento del tavolo: Mani pulite nel ‘92 e la rottamazione di Renzi gli ultimi esempi...».
Il senatore bersaniano Miguel Gotor è in prima linea quando si tratta di evidenziare l’aiutino che gli ex berlusconiani confluiti nel partitino di Verdini (Ala) concedono al presidente del Consiglio. Ma stavolta a parlare è soprattutto lo storico Gotor, che insegna all’Università di Torino e a cui il verdiniano D’Anna, intervistato dal Fatto , ha «dedicato» la notizia che Ala, «entrerà nel governo»: «La missione del Pd sarebbe quella di rinnovare il centrosinistra all’insegna del civismo; invece qui ci troviamo a governare con Schifani, Alfano e Cicchitto, e a fare le riforme con Verdini, all’insegna del cinismo». A Gotor, seppure il paragone meriterebbe qualche distinguo in più, piace citare il 1972, quando Andreotti chiese a Moro di entrare nel governo di centro destra sostenuto dal liberale Giovanni Malagodi: «“Caro Giulio, grazie. Ma preferisco tenere accesa la fiammella del centrosinistra...”, fu la risposta di Moro».
Il passaggio di fase in atto «non è tra vecchia politica e rottamazione»: «Con Renzi avremmo dovuto trovarci nel mezzo di un “nuovo inizio”, invece siamo finiti nella fase finale del berlusconismo». Ed è bastato che i verdiniani passassero all’incasso di tre vicepresidenze per scatenare la minoranza del Pd: «Non è il “pregiudizio della solita sinistra” ma l’individuazione del mondo che Verdini rappresenta a renderlo un avversario. E a convincerci che questa operazione di trasformismo vada combattuta». Si spiega Gotor: «Verdini è al timone di un Galeone fermo all’ingresso del porto del Pd che, per ora, ha calato la scialuppa delle riforme. A bordo, però, c’è molto altro da sbarcare. E non mi si venga a raccontare che i verdiniani sono la nuova Margherita perché quello era il partito di Nino Andreatta che combatteva quelli come Verdini e Cosentino».
Il partito della Nazione già c’è: «E punta al progetto neomoderato, con il solito patto tra imprenditori del Nord e ceti dei notabili del Centro Sud. È stato sperimentato in Campania dove De Luca è eletto anche con i voti di D’Anna e degli amici di Cosentino. E ora mi fa riflettere l’endorsement di Verdini per Sala, a Milano». Renzi, chiude il cerchio Gotor, «imbarca Verdini per salvare se stesso al governo. Ma lui è anche segretario del Pd e sulle alleanze ha il dovere di essere chiaro e di indicare una prospettiva».