Corriere 24.1.16
Immigrati e integrazione. La lezione della Germania
di Danilo Taino
Può
sembrare marziano il «ce la facciamo» (a dare asilo e a integrare i
rifugiati) di Angela Merkel. In realtà, non è un passo nel deserto: la
Germania post bellica ha una storia di «integrazione gestita»
dell’immigrazione che mette la politica della cancelliera in una linea
di continuità con il passato, seppur con un salto non indifferente per
quantità e qualità. Uno studio pubblicato tre giorni fa dal Fondo
monetario internazionale (autore Robert Beyer dell’Università di
Francoforte) nota innanzitutto che più di dieci milioni di persone che
vivono in Germania sono nate all’estero (dato al 2013). È circa il 13%
della popolazione, più o meno come negli Stati Uniti. Il numero sale
però a 15 milioni se si conta anche chi ha almeno un genitore non
tedesco. Fino alla metà degli Anni Cinquanta, l’immigrazione netta in
Germania Ovest fu vicina allo zero. Da quel momento, grazie al miracolo
economico, la penuria di lavoratori iniziò a farsi sentire e il governo
di Bonn (allora capitale) stipulò accordi di «reclutamento e
collocamento di manodopera» con alcuni Paesi, tra questi l’Italia e la
Turchia: negli Anni Sessanta e primi Settanta, entrarono centinaia di
migliaia di Gastarbeiter ogni anno, lavoratori ospiti che spesso
diventarono poi cittadini tedeschi in via definitiva. La crisi
petrolifera spinse il governo a bloccare il reclutamento. La seconda
ondata migratoria iniziò con la caduta della Cortina di Ferro. Nei primi
Anni Novanta, l’immigrazione netta fu di oltre 750 mila persone l’anno.
Tendenza che continuò, anche se con flussi calanti, fino alla crisi del
2008. Da allora, la crescita è tornata possente: 550 mila nel 2014 (lo
0,6% della popolazione) e, quando i conteggi saranno definitivi, forse
1,4 o 1,5 milioni nel 2015 (vicino al 2% della popolazione), 1,1 milioni
dei quali rifugiati in cerca di asilo, il resto per lo più immigrati
intra-Ue. Nei decenni scorsi, dunque, la Germania non ha solo sotterrato
il mito della razza pura. Ha anche imparato a gestire gli immigrati. I
rifugiati in arrivo ora si portano nello zaino differenze rispetto al
passato: la religione islamica, carenze culturali, mentalità diverse da
quella europea. È una sfida più difficile che in passato. Ma nemmeno
l’integrazione di italiani, spagnoli, greci, turchi fu una passeggiata,
per chi arrivava e per chi riceveva. Pur con molte contraddizioni, la
Germania fu però in grado di gestirla.