sabato 23 gennaio 2016

Corriere 23.1.16
La trincea dei vicepresidenti di Ala contro le accuse dei «comunisti»: poltrone queste? È roba da niente
di Tommaso Labate

ROMA «Queste sono polemiche strumentali, ridicole, stupide. E loro sa che cosa sono? Comunisti sono». Dalla sua elezione a vicepresidente della commissione Finanze del Senato non sono passate che ventiquattr’ore. E la verdiniana Eva Longo, che evidentemente rimugina per tutto il giorno sulle invettive della minoranza del Pd contro la «promozione» sua e dei colleghi Pietro Langella e Giuseppe Compagnone, prima dell’ora di cena decide di togliersi il peso dallo stomaco. Ce l’ha, ovviamente, con i Bersani, gli Speranza, i Cuperlo e tutti quelli che protestano contro Renzi per il premio parlamentare conferito al gruppo dei verdiniani. E li chiama, omaggio al suo ex leader Silvio Berlusconi, con una parola sola: «Comunisti». «Perché vede, incalza Longo, questa gente della minoranza del Pd usa noi per colpire Renzi. Questa è gente senza coraggio. Anche noi eravamo minoranza dentro Forza Italia e ce ne siamo andati. Loro, il coraggio di andarsene, non ce l’hanno».
Che ci fosse Renzi nel destino di Eva Longo — classe ’49, nubile, ex sindaco di Pellezzano (Salerno), ex democristiana, ex casiniana (nel senso di Pier Ferdinando), ex berlusconiana e, prima di diventare verdiniana, anche ex fittiana (nel senso di Raffaele) — lo si era capito in un giorno dell’ottobre 2014. Aula di Palazzo Madama, interno giorno. Longo, collezionatrice di foto con celebrity varie (ha scatti con Berlusconi, la Pascale, Katia Ricciarelli, l’attore Carlo Buccirosso e il cane Dudù), corre verso lo scranno del premier e placca Renzi. «Dome’, fammi la foto», dice all’ex collega forzista De Siano. Sorriso. Clic. Ora, grazie ai voti del Pd, Longo è diventata vicepresidente di Commissione. Mentre l’autore dell’istantanea De Siano, combatte contro una richiesta di arresto che arriva dalla Procura di Napoli per una faccenda di appalti.
Pure Giuseppe Compagnone, eletto vicepresidente della commissione Difesa, protesta contro le accuse che sinistra pd e Forza Italia hanno rivolto anche nei suoi confronti. Il medico-senatore siciliano — classe ’57, ex sindaco di Grammichele (provincia di Catania) ed ex fedelissimo di Raffaele Lombardo — proprio non si capacita di come qualcuno possa accusarlo di essere un collezionista di poltrone. «Noi a caccia di poltrone? Ho capito bene? E lei me le chiama “poltrone” queste della commissione? Queste sono robe di niente. Le vere poltrone sono quelle dei sottosegretari. E noi non ne abbiamo chieste». Perché «noi» — e col «noi» Compagnone intende i verdiniani — «aiutiamo Renzi perché realizza le riforme che stavano nel nostro programma. Dove non siamo d’accordo, non votiamo». Tipo sulle unioni civili? «Faremo le nostre valutazioni. Io posso dirle quello che penso grazie alla mia esperienza di medico. E cioè che un bambino cresce psicologicamente sano solo se si segue la natura. E la natura dice che deve avere un papà e una mamma. Detto col rispetto degli omosessuali, eh? Che comunque, un minimo di diritti civili li devono avere».
Preferisce tenersi tutto dentro, evidentemente, Pietro Langella. Il verdiniano neo vicepresidente della commissione Bilancio si rende irreperibile. Il suo day after è votato al dio Silenzio. Ha una storia difficile alle spalle. Dopo che la camorra gli ha ammazzato il padre e lo zio (quest’ultimo era un boss assassinato nel 1991), Langella è cresciuto lontano dalla famiglia. Poi l’amore per la politica, militanze in partiti che spaziano dal centrosinistra al centrodestra, l’incontro con Nicola Cosentino, che l’ha fatto eleggere nel Pdl. Fino a quella decisione di abbandonare Berlusconi per Verdini. E al voto in commissione Bilancio, ieri l’altro, che l’ha portato su tutti i giornali.