sabato 23 gennaio 2016

Corriere 23.1.16
Abderrahman Hedhili
«Ma il mio Paese non è l’Algeria, un golpe dei militari non ci sarà»
intervista di Francesco Battistini

TUNISI È l’ennesimo funerale della rivoluzione tunisina?
« Non credo. E questa legge marziale non è neanche la fine della democrazia, come dice qualcuno. Perché la vera rivoluzione in Tunisia non c’è mai stata. E la democrazia non ha molto significato, se non ci sono lavoro e sviluppo».
Abderrahman Hedhili lo denunciava in pubblico almeno da ottobre: «Da quando è caduto Ben Ali, ci sono stati 42 casi di suicidio. Tutti giovani senza speranza, fra i 26 e i 35 anni. Non ne ha parlato nessuno. E quattro governi in cinque anni non se ne sono nemmeno resi conto». Ora che la situazione s’aggiorna — i governi nel frattempo sono diventati cinque, i suicidi sono diventati 43 —, ora che la Tunisia torna a incendiarsi nelle proteste, è una corsa a telefonare a Hedhili «il profeta inascoltato» (come l’ha definito un giornale), il presidente del Forum tunisino per i diritti economici e sociali: «Non sono contento d’avere avuto ragione. Ma mi stupisco che il mondo si stupisca ».
Questa protesta era prevedibile?
«Direi che era inevitabile. Nelle regioni più povere, nelle fasce marginalizzate l’hanno covata a lungo. Per 5 anni a Tunisi s’è parlato di riforme istituzionali, di riconoscimento dei diritti, d’equilibri fra laicità e islamismo. Certo, sono tutti temi fondamentali, ma…».
Ma non è con quelli che si mangia…
«Nel profondo Sud o nelle periferie, dove ci sono le classi popolari, questi temi interessano poco. Non c’è mai stato un governo che abbia presentato un programma economico e sociale credibile su scuola, sanità, carovita, tasse, giovani. Con una visione chiara. Gli obbiettivi della Rivoluzione sono stati mancati. Hanno continuato come prima, con lo stesso modello politico ed economico di dieci anni fa. Alle ultime elezioni, sa quanti ragazzi fra 18 e i 25 anni sono andati a votare? Il sei per cento».
Sta dicendo che governa ancora Ben Ali?
«No. Però dico che governa ancora il vecchio sistema.E che alla fine si sia creata la stessa spaccatura di molti altri Paesi: di qui i cittadini, di là una classe politica sorda».
Il governo parla di partiti che fomentano la protesta.
«Lo sanno tutti che i Fratelli musulmani di Ennahda sono il partito meglio organizzato. E che si va verso il voto amministrativo. Ma questo non è un alibi per dire che c’è chi strumentalizza. La protesta è nata spontaneamente».
I jihadisti si infiltreranno?
«I salafiti possono approfittare della situazione e far crescere la violenza. Per questo è importante fare appello perché tutto resti pacifico».
L’Europa ha dormito?
«Hollande ha promesso un miliardo in cinque anni. Ma la Tunisia ha un debito enorme. Un primo passo, se davvero l’Ue volesse aiutare questa giovane democrazia araba, sarebbe tagliarne un bel po’».
Ma il governo Essid deve dimettersi?
«Non credo che lo farà. La responsabilità non può essere solo di chi ha governato l’ultimo anno. Ci sono anche gl’imprenditori privati, gl’investitori stranieri che hanno avuto un ruolo. Però questa è una chiamata urgente: non si può più far finta di nulla».
Ma se il coprifuoco e le leggi marziali non bastassero? Si muoverà l’esercito?
«No. Qui, l’esercito è vicino alla gente, s’è visto anche nella rivoluzione del 2011. Non ci saranno golpe. I militari tunisini sono molto diversi da quelli dell’Egitto o dell’Algeria» .