sabato 23 gennaio 2016

Corriere 23.1.16
Al Sisi e la paura di piazza Tahrir L’Egitto vieta ogni protesta
di Viviana Mazza

Cinquemila abitazioni perquisite negli ultimi dieci giorni, soprattutto nel centro del Cairo, come «misura preventiva». Attivisti fermati e interrogati sulle opinioni politiche per aver creato pagine Facebook che invitavano a tornare in piazza Tahrir questo lunedì. La casa editrice Merit perquisita nel giorno in cui era previsto l’incontro con l’autore di un libro sulla corruzione. Una popolare galleria d’arte del centro, la Town House, chiusa con un raid di una ventina di poliziotti, per presunte violazioni amministrative. E da due venerdì a questa parte ai predicatori in moschea sono stati dettati sermoni che avvertono i fedeli che scendere in piazza è peccato.
In vista dell’anniversario della rivoluzione egiziana del 2011, questo 25 gennaio, il governo di Abdel Fattah al Sisi ha lanciato una massiccia operazione di sicurezza per impedire ogni manifestazione. «Non consentiremo le proteste. Sono organizzate da movimenti che mirano a dividere la società e mobilitare le masse contro il governo», ha detto all’agenzia Ap un funzionario della sicurezza, confermando anche che giovani attivisti pro democrazia, inclusi alcuni stranieri, sono stati messi sotto sorveglianza. Il fatto che migliaia di oppositori della Fratellanza musulmana e anche molti laici sono già da tempo dietro le sbarre rende improbabili le manifestazioni. Ma le nuove misure del governo sono lo specchio di una insicurezza crescente dello stesso Al Sisi. Rispetto alla riverenza che il generale suscitava dopo aver rovesciato Mohammed Morsi nel 2013 e anche quando è stato eletto presidente nel luglio 2014, molto è cambiato, dicono gli osservatori. La ripresa economica promessa non si è ancora materializzata. I miliziani del Sinai affiliati allo Stato Islamico hanno colpito sempre più spesso obiettivi militari e non solo. L’ultimo attentato, giovedì notte, ha ucciso almeno sei persone, inclusi tre poliziotti, a Giza. E con un occhio alla vicina Tunisia in subbuglio, il presidente risponde reprimendo sempre di più il dissenso.