Corriere 21.1.16
Xi scopre la Reaganomics con «caratteristiche cinesi»
di Guido Santevecchi
PECHINO
I giornali cinesi hanno creato un nuovo gioco di parole: «Cresce la
domanda per la riforma dell’offerta». Il titolo riassume l’ultima
campagna lanciata dal governo, che cerca di guidare il Paese verso una
crescita più equilibrata dopo i decenni del modello Fabbrica del Mondo
(produzione a basso costo ed esportazioni). Tutto è cominciato quando a
inizio novembre Xi Jinping ha citato la teoria «supply side»
(naturalmente traducendo in mandarino) nata a inizio anni Settanta negli
Stati Uniti in contrapposizione all’analisi keynesiana centrata sulla
domanda come motore. L’idea di risolvere i problemi di crescita «supply
side», guardando all’offerta, fu utilizzata dai due grandi leader degli
anni Ottanta, Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Il leader
capital-comunista Xi Jinping, dunque, scopre la Reaganomics, ma con
«caratteristiche cinesi».
Da novembre il dibattito a Pechino gira
intorno alla necessità di «una riforma strutturale dalla parte
dell’offerta», per seguire l’incitamento di Xi a «elevare l’efficacia
dell’offerta e la sua qualità, allargando così la domanda di consumo».
Bisognerebbe
anzitutto ridurre l’eccesso di capacità produttiva dell’industria,
sostenuta dagli enormi investimenti nelle aziende statali divenuti
debito mastodontico e irrecuperabile. Quindi, la ricetta prevederebbe il
taglio dei rami secchi nell’industria di Stato, eliminazione di quelle
che sono state definite le «fabbriche zombi», tenute aperte solo per
pagare gli interessi sul debito, non per produrre nuova ricchezza.
Bisogna puntare su innovazione tecnologica e produzione di più servizi
tagliati sulle esigenze della classe media. La Cina si sta muovendo in
questa direzione, ma con lentezza e paure. Il settore dei servizi nel
2015 è salito al 50,5% del Prodotto interno lordo (rispetto al 48,1 del
2014), per la prima volta superando l’industria manifatturiera. La Cina
ha un’economia a doppia velocità: frena la Fabbrica del Mondo (nel 2015
il Pil è cresciuto del 6,9%, il passo più lento dal 1990), accelerano i
fornitori di servizi che si espandono per soddisfare le richieste e le
ambizioni della classe media uscita dalle catene di montaggio.
Sembrerebbe
facile andare avanti sulla via della riforma «supply side», ma gli
analisti di Pechino avvertono che nessun governatore di provincia vuole
la chiusura di un’industria locale decotta e il licenziamento delle
maestranze con conseguente instabilità sociale (vale a dire scioperi e
cortei nelle città dell’impero). A Xi Jinping possono piacere la
Reaganomics e il successo economico della Thatcher, ma nessuno in Cina
pensa di poter replicare lo scontro vittorioso (e doloroso) tra la Lady
di Ferro britannica e i minatori che la fecero passare alla storia del
secolo scorso.