Corriere 21.1.16
La «base» spinge i vescovi «Incalzati da chi vuole esserci»
Manifestazione che divide ed è difficile da gestire. Ma Bagnasco: noi tutti uniti
di Massimo Franco
«N
oi non vogliamo scontri referendari né guerre ideologiche. E speriamo
che nessuno tra coloro che si definiscono vicini a noi si faccia venire
strane idee. Sui referendum abbiamo già dato in passato. Ma sulle unioni
civili l’impressione è che qualcuno nel governo abbia voluto strafare.
Vediamo alla fine che cosa esce fuori. Quanto al Family day, lo
appoggeremo con discrezione». Dal Vaticano arriva un’interpretazione
autentica degli umori delle gerarchie ecclesiastiche a proposito del
provvedimento che sarà discusso al Senato; e sul significato di una
manifestazione di piazza che sembra creare nervosismo nelle file della
Conferenza episcopale italiana: meno tra gli organizzatori.
È vero
che nelle ultime ore gli appelli dei vescovi a partecipare si sono
moltiplicati. E di nuovo è affiorato un conflitto sordo tra presidente e
segretario della Cei, Angelo Bagnasco e Nunzio Galantino. La disdetta
dell’udienza papale a Bagnasco di questa mattina, tradizionale in vista
delle riunioni della Cei, è stata accreditata come una sorta di censura
di Jorge Mario Bergoglio a un cardinale che si è esposto a favore del
Family day. In realtà, non è la prima volta che accade: dipende molto
dal modo nel quale l’attuale pontefice vede questi colloqui
istituzionali. Semmai la notizia, pubblicata ieri dal Fatto , conferma
una lotta di potere in atto.
Prescinde dal Family day in sé.
Bagnasco cerca di estinguere le polemiche, evocando vescovi italiani
«tutti, uniti e compatti nel difendere la famiglia». Lui e il segretario
insieme. D’altronde, tutti sanno quanto il Vaticano sia contrario alla
legge «firmata» dalla deputata del Pd, Monica Cirinnà. Ritiene il testo
«non contro la Chiesa cattolica ma contro il buonsenso». E proprio ieri
l’arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Zuppi, appena nominato da
Francesco, ha dichiarato che «Bagnasco ha ragione». I contrasti
riguardano semmai la tattica: a cominciare dall’opportunità di una
manifestazione pubblica. Con Galantino sicuro di riflettere gli
orientamenti papali, suggerendo una presenza defilata; e con Bagnasco,
invece, deciso a marcare il ruolo della Cei.
Ma l’impressione è
che l’organizzazione si stia muovendo a prescindere dagli incitamenti o
dalle frenate vescovili; e che l’associazionismo confidi in una grande
mobilitazione. Al punto che la domanda da porsi è se gli appelli delle
ultime ore servano a ingrossare la «piazza cattolica», o a mostrare in
anticipo di appoggiarla e di condividerne le ragioni. Il cardinale
Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, uomo apprezzatissimo dal
Papa, lunedì scorso ha letto la lettera del comitato «Difendiamo i
nostri figli» che organizza la manifestazione de 30 gennaio. E ha detto
ai fedeli: «Fate tesoro di questo comunicato».
Poi, ieri si è
mossa la Cei di Piemonte e Valle d’Aosta, invitando a andare in piazza. E
nei giorni scorsi si erano pronunciati Bagnasco e l’ex presidente della
Cei Camillo Ruini, in piena sintonia. E, con toni più possibilisti del
passato verso il Family day, monsignor Galantino. Si prevedono altre
adesioni di qui a fine mese. A colpire e spiazzare la stessa Cei,
incoraggiandola a prendere una posizione netta, sarebbero state tuttavia
le chiamate arrivate giorno dopo giorno, sempre più fitte, dalle
associazioni cattoliche. Prima incerte, poi determinate a esserci
comunque. Ammette un vescovo: «Siamo stati travolti dalla voglia di
partecipare».
A Roma, nell’«anello» sterrato del Circo Massimo,
promette di materializzarsi uno spezzone di opinione pubblica nella
quale convivono chi è ostile all’intera legge sulle unioni civili, sulla
quale invece il Vaticano è meno chiuso; e chi osteggia solo l’adozione
concessa alle coppie omosessuali. Ma sarà una «piazza» acefala: sia
politicamente che dal punto di vista ecclesiastico. Nessun leader di
partito appare in grado di prenderne la guida; e quanti vorrebbero farlo
non sono accettati come capi. Il governatore del Veneto, Luca Zaia sarà
presente con una delegazione, annuncia. E altri faranno lo stesso, a
titolo personale o meno.
Ma difficilmente questo può fornire
indicazioni sull’orientamento politico. Il fatto che il Pd «firmi» la
legge porta naturalmente la «piazza cattolica» a ritenere il partito e
il governo di Matteo Renzi come avversari dal punto di vista culturale; e
questo suona come un regalo oggettivo all’opposizione un tempo
berlusconiana. In parallelo, però, si percepisce l’assenza di qualunque
leadership politica del centrodestra in grado di incanalare e
rappresentare queste istanze: benché al Circo Massimo saranno confusi
tra la folla diversi deputati, senatori, governatori e perfino membri
del governo. Non sul palco, però. L’obiettivo, dicono, è di almeno un
milione di persone.
È la stessa rete, d’altronde, che a giugno
scorso riempì piazza San Giovanni, mentre la questione delle unioni
civili era più lontana dal voto del Senato e dall’attenzione generale:
un magma moderato che scavalca la stessa Chiesa, rendendola forse non
marginale ma subordinata all’agenda del Family day. I vertici
ecclesiastici si tengono prudentemente a distanza, perché non sanno
quali parole d’ordine prevarranno: per definizione, le piazze non vanno
troppo per il sottile. E spaventa l’immagine di un mondo cattolico
radicalizzato e che rischia di essere trascinato su toni apocalittici:
fa paura perché acuirebbe le divisioni anche dentro l’episcopato.