Corriere 13.1.16
Renzi: referendum, da aprile la campagna
Il premier ribadisce che se perderà «andrà a casa» pur negando che si tratti «di un plebiscito»
Il lancio di Giachetti come candidato sindaco a Roma: conosce la città meglio di chiunque altro
di Alessandro Trocino
ROMA
L’opposizione, ma anche la minoranza del Pd, lo mette in guardia dalla
tentazione di trasformare il referendum costituzionale in un plebiscito
sulla sua persona. Matteo Renzi nega: «Non c’entra il plebiscito, è solo
senso di responsabilità da parte di chi governa». Ma il premier va
avanti come un treno e annuncia che la campagna referendaria partirà da
aprile. Considerando che il referendum si terrà a ottobre, vuol dire che
Renzi vuole giocarsi il tutto per tutto, avanzando in parallelo sul
referendum e sulle elezioni amministrative di giugno. Con una postilla,
che ribadisce a Repubblica Tv : «Se perdo il referendum sulle riforme
costituzionali smetto di far politica, vado a casa».
Il suo
obiettivo, naturalmente, non prevedere il rapido pensionamento
domestico: «Premesso che decide il presidente della Repubblica,
l’intendimento del governo è quello di arrivare a fine legislatura». Nel
frattempo, i fronti aperti sono tanti. A proposito di amministrative,
c’è da affrontare il nodo Roma, dove Ignazio Marino e Mafia Capitale
hanno lasciato un’eredità difficile. Il candidato sindaco, spiega, «lo
decideranno le primarie». Ma poi si lascia andare a un commento
eloquente: «Secondo me Giachetti conosce Roma meglio di chiunque altro.
Ha fatto il capo di gabinetto e ha fatto uno sciopero della fame per la
legge elettorale. È romano e romanista». Basterà per candidarsi?
«Bisogna chiederlo a lui». Che, per ora, svicola rapido dai cronisti in
Transatlantico, lanciando occhiatacce a chi lo chiama «sindaco».
Quanto
al lavoro fatto, rivendica il jobs act come «la cosa più di sinistra
che ho fatto». E avverte i sindacati: «Credo che sia arrivato il tempo
della legge sulla rappresentanza. O le parti sociali trovano un’intesa o
ci pensiamo noi». E ancora: «Il sindacato è una grande istituzione
democratica, ce ne sono tantissimi. Aggiungo: forse troppi». Quanto alla
flessibilità, si può discutere, «ma la legge di stabilità rispetta
integralmente quello che chiede l’Europa. Il mio modello è Obama, non il
commissario Ue Dombrovskis». Renzi si dice soddisfatto degli
«strepitosi» risultati del jobs act: «L’obiettivo per la disoccupazione
era di andare sotto il 12% e quindi siamo contenti, ma scendere sotto il
10% nel 2016 non è un obiettivo realistico».
Sul caso banche,
Renzi rivendica la necessità di una commissione d’inchiesta, «ma è il
sistema bancario degli ultimi 15 anni a dover essere oggetto di
inchiesta». Quanto al ministro Boschi, che ha negato la possibilità di
dimettersi nel caso in cui il padre, ex dirigente di Banca Etruria,
venisse indagato, Renzi concorda: «Quella è la nostra posizione. Se chi
ha il padre indagato deve dimettersi, il primo dovrei essere io, visto
che mio padre da mesi attende una chiusura delle indagini». Una parola
anche sulla corsa per il seggio come membro non permanente nel Consiglio
di sicurezza dell’Onu: «Stiamo combattendo una battaglia non facile, ma
io ci credo».
Infine il reato di clandestinità: «Non serve a
nulla. Sarà tolto, ma quando sarà chiaro un pacchetto del governo. C’è
tempo, stiamo lavorando» .