Corriere 11.1.16
Un Paese che odia la scienza
di Paolo Mieli
L’Italia
sta diventando sempre più un Paese ostile al metodo scientifico e
amante delle teorie del complotto. L’ennesima dimostrazione viene dal
caso della «Xylella fastidiosa», batterio che produce grave nocumento
all’ulivo, penetrato in Europa diciotto anni fa e più recentemente in
Italia, nel Salento. Nelle Americhe la si combatte da un secolo,
purtroppo senza successo. Il Consiglio nazionale delle ricerche di Bari
ha lavorato sodo per scoprire origini e modo di debellare quello che
prende il nome di CoDiRO (Complesso del disseccamento rapido
dell’olivo). Prendendo in seria considerazione anche l’ipotesi di
sradicare gli ulivi già colpiti per provare a sterminare gli insetti
diffusori dell’infezione e creare un cordone sanitario che isoli le
piante infette. Ma la magistratura, con un’inchiesta della Procura di
Lecce, si è opposta. Di più: ha accusato il Cnr barese di aver favorito
la diffusione del batterio, ne ha fatto sequestrare il materiale sia
informatico che cartaceo e ha deciso che gli ulivi malati restino lì
dove sono. Ha poi anche denunciato «inquietanti aspetti» relativi al
«progettato stravolgimento della tradizione agroalimentare e della
identità territoriale del Salento per effetto del ricorso a sistemi di
coltivazione superintensiva». In parole povere, i ricercatori avrebbero
deliberatamente cospirato per abbattere i vecchi ulivi e soppiantarli
con piante nuove.
Gli indagati sono accusati di diffusione colposa
della malattia delle piante, violazione dolosa delle disposizioni in
materia ambientale, falso materiale e ideologico, getto pericoloso di
cose, distruzione di bellezze naturali. La «peste degli ulivi», secondo i
magistrati leccesi, sarebbe stata volontariamente importata in Puglia
dall’Olanda nell’ottobre del 2010 con un convegno ad essa dedicato. Poi,
nel 2013, un professore barese, Giovanni Paolo Martelli, avrebbe messo
in scena la «folgorante intuizione» di aver individuato la Xylella come
agente patogeno del disseccamento degli ulivi salentini. Quindi il capo
della Guardia forestale, Giuseppe Silletti, peraltro su sollecitazione
dell’Unione Europea, avrebbe disposto il taglio di cinquemila alberi
(così da salvarne un milione). In combutta con il professore di Agraria
Angelo Godini fautore dell’eliminazione degli alberi infetti, in
particolar modo, secondo l’accusa, «quelli monumentali». Accuse che
hanno dell’incredibile.
Nature e Washington Post si sono
scandalizzati per questo che a loro appare come un «processo italiano
alla scienza». L’inchiesta del procuratore Cataldo Motta e dei pm Elsa
Valeria Mignone e Roberta Licci ipotizza che gli scienziati abbiano
diffuso colposamente la malattia e abbiano poi presentato i fatti in
modo da poter avallare come soluzione l’eradicazione delle piante
malate, per legittimare lo sterminio degli ulivi salentini. Negli atti
si parla anche di persone avvistate in tuta bianca a spalmare unguenti
su alberi di ulivo, che successivamente sarebbero stati bruciati per
cancellare le prove. Prove che avrebbero potuto portare al «grande
vecchio» di questa cospirazione: la multinazionale dell’agroalimentare
Monsanto. Persino l’ex Presidente del Tribunale di Bari Vito Savino ha
preso le distanze da questa iniziativa giudiziaria e ha manifestato
sulla stampa il proprio «sconcerto». Ma i magistrati — come sempre si fa
in casi del genere — hanno ribattuto allargando il campo delle accuse
ad un numero sempre più vasto di imputati, i quali (Savino, Godini,
Martelli) avrebbero condiviso «un medesimo approccio culturale
nell’Accademia dei Georgofili di cui fa parte anche il professor Paolo
De Castro, già ministro dell’Agricoltura, attualmente eurodeputato, che
ha riferito in commissione proprio sulla questione Xylella». Europa,
Guardia forestale, Georgofili, ex ministri avrebbero dunque congiurato
per distruggere gli ulivi salentini allo scopo di impiantare in quel di
Gallipoli nuove coltivazioni. E gli scienziati dell’Università di Bari,
del Cnr e dell’Istituto agronomico alimentare (Iam) avrebbero aderito
(dietro compenso?) al complotto. Sulla Stampa Gilberto Corbellini e
Roberto Defez hanno esortato coloro che in passato si sono indignati
contro i tentativi di imporre per via giudiziaria le pseudo cure Di
Bella o Stamina o contro il rinvio a giudizio e la condanna in primo
grado della Commissione Grandi Rischi rea di non aver dato l’allarme per
il terremoto dell’Aquila, a «insorgere per quanto sta accadendo nel
Salento». Ma il loro appello è caduto nel vuoto.
Qualcuno ha messo
in evidenza come l’inchiesta della procura di Lecce si basi su una
grande contraddizione logica: da un lato i magistrati sostengono che non
esiste «un reale nesso di causalità tra il batterio e il disseccamento
degli ulivi», dall’altro accusano i ricercatori di aver diffuso il
batterio. Saremmo quindi in presenza di «untori di una peste innocua»
(ha ironizzato Luciano Capone sul Foglio ). Lo Iam è accusato, come si è
detto, di aver dato inizio al contagio con le provette olandesi fatte
giungere a Bari per il convegno scientifico del 2010. L’Istituto ha
risposto dimostrando che i campioni introdotti in Italia per
quell’incontro scientifico erano tutti di una sottospecie diversa da
quella ritrovata nel Salento. Ma, con logica acrobatica, l’accusa ha
trasformato anche questa in un’ammissione di colpa: fu «priva di
plausibile giustificazione l’introduzione da parte dello Iam di tutte le
sottospecie di Xylella conosciute a eccezione di quella individuata nel
Salento» che c’era già, tenuta ben nascosta, e non aveva perciò bisogno
di essere importata. Incredibile. L’inchiesta cita poi un’affermazione
dell’esperto mondiale di Xylella, Alexander Purcell di Berkeley —
«Contro la Xylella gli abbattimenti non servono a nulla» — che lo stesso
Purcell nega di aver mai pronunciato ed è stata riferita da
un’europarlamentare grillina. Il Movimento Cinque Stelle ha
contemporaneamente depositato una mozione di sfiducia nei confronti del
ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina colpevole di non aver
ostacolato il complotto.
Nel frattempo l’Unione Europea ha
avviato nei confronti dell’Italia una procedura d’infrazione per i
ritardi nell’attuazione del piano di guerra contro il flagello
salentino. A questo punto non è lecito nutrire dubbi: vincerà la Xylella
e gli italiani si troveranno a dover pagare una multa all’Europa. Poi,
come sempre accade, tra un decennio verrà il tempo delle pubbliche scuse
ai ricercatori che hanno fatto il loro dovere e per questo hanno avuto
dei guai. Così vanno le cose nel nostro Paese.