lunedì 11 gennaio 2016

Corriere 11.1.16
La nostra ipocrisia sulle vignette blasfeme
di Pierluigi Battista

Tutti i media hanno doverosamente ripreso l’ultima copertina di Charlie Hebdo, quella che raffigura un Dio assassino con le fattezze iconografiche del Dio cristiano: bene, l’autocensura si allenta, finalmente non si nasconde la realtà, le immagini più irritanti della satira non vengono cancellate. Ma allora tutti i media che un anno fa, dopo lo sterminio islamista di Parigi, si rifiutarono di pubblicare le vignette su Maometto che avevano scatenato l’ira degli assassini jihadisti non lo fecero, come pure pateticamente dissero, per «rispetto», per non dare manforte ai bestemmiatori, per non urtare la sensibilità dei musulmani di tutto il mondo. Lo fecero, più semplicemente, per paura. Pubblicare le vignette «blasfeme» sul Dio dei cristiani e degli ebrei non comporta nessuna conseguenza, pubblicare quelle su Maometto può esporre a rappresaglie mortali. Paura, non rispetto. Ipocrisia, non moderazione. Gli scrittori, Joyce Carol Oates in testa, che un anno fa protestarono contro un premio da consegnare alla testata Charlie Hebdo in nome della libertà d’espressione, non lo fecero per rispetto delle religioni. No, per paura. I vignettisti italiani molto famosi e che stanno sempre in tv disegnano deliberatamente sconcezze sul Papa e mai su un imam non perché siano rispettosi, ma perché hanno paura: fanno tanto gli spavaldi, ma sono come Don Abbondio. Gli artisti che creano sculture o dipinti in cui la Madonna o Gesù Cristo vengono raffigurati in pose oscene, amano fare elettrizzanti «provocazioni» solo quando non entra in gioco la paura, che loro chiamano «rispetto» quando potrebbero offendersi quelli che decapitano e sgozzano. Gli scrittori di opere teatrali possono pure fare affogare un crocefisso negli escrementi, ma scoprono il rispetto solo quando al centro della scena c’è qualche simbolo della religione musulmana: ma si chiama paura, non rispetto. Il silenzio sugli assassini di Theo Van Gogh e la messa al bando del suo «Submission» non c’entrano con il rispetto, c’entrano con la paura. Quando in un museo inglese tolgono dalle pareti un quadro con Maometto lo fanno per paura, non per rispetto: se c’era un pastore protestante o un rabbino disegnati senza rispetto lo lasciavano lì, nessuno li avrebbe sfiorati, nessuno si sarebbe presentato armato e minaccioso. L’ipocrisia, non il rispetto. La paura, non il rispetto. La paura è un diritto. Scambiarla con il rispetto è una pura mistificazione.