Corriere 10.1.16
«Sedici miliardi alle famiglie» La ricetta per avere più bambini
Un
progetto della Bocconi sviluppato per il «Corriere della Sera»: 100
mila nascite in più Il prorettore Caselli: «Fondi mirati, da asili a
baby-sitter. E la copertura economica c’è»
MILANO È
stato un film di discreto successo, «Il capitale umano». E siamo
abituati a che nelle aziende, invece del direttore del personale, ci sia
ora il direttore delle «risorse umane». Ma qual è il vero capitale
umano di una società? I figli. È formando le nuove generazioni che un
Paese costruisce il proprio futuro. Perciò nell’Italia che vuole
ripartire è un punto di caduta il fatto che si generino sempre meno
figli — una media di 1,37 bimbi per donna, il livello più basso dal ‘95,
ha documentato il Corriere di ieri nell’inchiesta di Elvira Serra — per
l’assenza di una politica economica adeguata. Lo è anche che le madri
perdano la possibilità di una crescita professionale.
«L’investimento
nella natalità delle famiglie è importante per un nuovo start up
dell’Italia — dice Stefano Caselli, prorettore dell’Università Bocconi
—. È investire sul capitale umano del futuro. Il supporto
indifferenziato e a pioggia, attraverso le detrazioni per i carichi
familiari, non è più sostenibile. Servono incentivi mirati. E un patto
dello Stato con i privati per rafforzare gli asili».
Perciò
Caselli — cofondatore dell’Osservatorio Mp3 sul partenariato
pubblico-privato e già coinvolto nei lavori del Tempo delle donne che
hanno portato all’approvazione della legge sul secondo giorno
obbligatorio nel congedo di paternità — ha elaborato una proposta-choc:
una manovra da 16 miliardi a costo (quasi) zero per lo Stato, con circa 6
mila euro all’anno da destinare alle famiglie.
L’obiettivo è far
ripartire le nascite: la stima e la scommessa è che salgano del 20%
entro il 2022: dai 502.596 mila neonati (dato Istat) del 2014 a 600
mila. Centomila l’anno in più.
Il piano s’intitola «Un progetto di
incentivi alla natalità» ed è stato sviluppato in esclusiva per il
Corriere della Sera , destinatario il governo. Prevede che alle famiglie
con figli vadano soldi veri: circa 500 euro al mese per coprire le
spese di baby-sitter, asili e compensare il ridotto tenore di vita. La
copertura deve andare da zero ai sei anni di vita del bambino e il
problema dei nidi pochi e cari va superato stringendo un patto fra Stato
e privati: si può pensare di coinvolgere la pubblica Cassa depositi e
prestiti, che con i suoi fondi immobiliari già opera in questa
direzione. Esempio: si possono riconvertire in asili gli uffici
inutilizzati delle Province. I privati partecipano all’esborso e ai
ricavi. «Non può essere un’operazione leggera e simbolica — dice Caselli
—. L’indagine Istat 2014 rivela che molte famiglie non fanno figli, o
il secondo figlio, perché manca il sostegno logistico e finanziario nei
primi anni di vita del bimbo o per la perdita del tenore di vita. La
scelta è spostare risorse da un’area indistinta a un progetto
d’investimento per il Paese».
La copertura dei 16 miliardi
avverrebbe perciò in due modi: primo, cancellando le detrazioni per
carichi familiari che valgono circa 11 miliardi l’anno (come quelle per i
figli a carico), salvaguardando le fasce più deboli (fino a 15 mila
euro di reddito) e chi ha figli disabili. Secondo, recuperando altri 5,5
miliardi annui dalle detrazioni per reddito da lavoro dipendente e
assimilato, che vanno rimodulate. «Si può farlo equiparando il lavoro
dipendente a quello autonomo — dice Caselli —. E riducendo queste
detrazioni per i redditi sopra i 40 mila euro». Può far discutere, ma la
linea è chiara: redistribuire. La proposta si basa su quattro pilastri.
1)
Bonus una tantum alla nascita: 500 euro per il primo figlio, 750 per il
secondo e 200 per il terzo. 2) Il rimborso, con detrazione diretta
dalle tasse; del 75% delle spese sostenute per la gestione del figlio da
zero ai sei anni: baby-sitter, asili, centri estivi. Per il primo
figlio, nella simulazione, vale 3.140 euro all’anno. 3) Rimborso del 25%
delle spese per la fascia tre-sei anni: circa 2.300 euro. La condizione
in entrambi i casi è che i genitori lavorino (così le donne non si
dimettono). La soglia massima è pari all’Irpef del genitore col reddito
più basso (chi evade detrae poco). 4) Deduzione di una cifra fissa,
calcolata su un reddito medio, per compensare il ridotto tenore di vita:
col primo figlio, 337 euro. In totale, l’incasso in sei anni delle
famiglie sarebbe di 28 mila euro col primo figlio, 32 mila per il
secondo e il terzo.
Il sasso nello stagno è lanciato.
Alessandra Puato