Corriere 10.1.16
Poca assistenza per i piccoli e gestione difficile del lavoro. Le madri italiane tra le meno felici in Europa
di Elvira Serra
I
padri sono significativamente più felici dei non padri. Vale in tutti i
Paesi della nostra Europa, qualunque sia la latitudine o il prodotto
interno lordo. Lo stesso ragionamento non vale per le madri. Le donne
con figli sono più felici di quelle che non li hanno soltanto nei Paesi
più sviluppati, quelli nei quali c’è una maggiore partecipazione
femminile alla vita politica e dove le politiche a sostegno della
conciliazione tra casa e lavoro ci sono e funzionano.
L’analisi è
uno dei risultati, non ancora definitivi visto che lo studio è in corso e
andrà avanti per altri due anni, del progetto su «Benessere e
fecondità» ( Swellfer ). La ricerca è finanziata con più di un milione
di euro dal Consiglio europeo della ricerca ed è coordinata dalla
professoressa Letizia Mencarini, che se ne è occupata nel Collegio Carlo
Alberto di Torino fino a dicembre e da quest’anno lo farà nel Centro
Dondena della Bocconi di Milano.
Le madri italiane sono più
infelici delle madri islandesi, danesi, finlandesi, norvegesi, svedesi. E
questo, forse, ce lo aspettavamo. Non ci aspettavamo che lo fossero
anche rispetto alle francesi, alle spagnole, alle svizzere, alle
polacche, alle estoni, alle belghe, alle tedesche e alle olandesi. La
paternità, in media, sembra migliorare la felicità degli uomini, non
importa dove vivano in Europa e non conta neppure il livello relativo di
sviluppo sociale. «Per le donne, invece, il rapporto tra felicità e la
genitorialità è meno semplice», spiega Mencarini.
Lo scenario
conferma l’importanza di mettere in atto le tre mosse suggerite ieri sul
Corriere dal demografo Massimo Livi Bacci per invertire la tendenza
sulla natalità, e in particolare la terza: investire sui giovani, dare
più lavoro alle donne e ridurre l’asimmetria nei ruoli uomo-donna.
«Minore asimmetria — ha detto — significa minore “costo” di allevamento
dei figli per le madri, con possibili effetti sulle scelte riproduttive,
così come avviene in conseguenza delle buone politiche di conciliazione
casa-lavoro».
Mencarini caldeggia questa misura, come ha scritto
nel libro Istat Uso del tempo e ruoli di genere 2012, curato con Maria
Clelia Romano e Maria Letizia Tanturri, e la mette anche in pratica.
Racconta: «Ho sposato un norvegese e siamo completamente
intercambiabili, per lui è un fatto culturale. I nostri due figli sono
abituati al fatto che qualche volta c’è solo il papà e qualche altra
solo la mamma. Dal primo giorno della loro nascita, ce ne siamo occupati
entrambi al 50 per cento, talvolta lui di più».
Rispetto al
confronto sulla felicità con il resto d’Europa aggiunge: «C’è una
relazione importante tra sviluppo, avere figli e felicità, ma la
relazione è diversa tra uomini e donne. Per le donne, sembra che il
rapporto tra gravidanza e felicità dipenda dalle condizioni sociali.
Vorrebbero poter conciliare il lavoro con la famiglia, ma questo non è
possibile finché non si riesce a esternalizzare le attività di custodia
dei bambini, e in secondo luogo, a ripartire in maniera più equa i
compiti domestici tra i partner».