domenica 10 gennaio 2016

Corriere 10.1.16
Da Pasolini a Gramsci, l’appropriazione interessata dell’album di sinistra

Il prossimo sarà il Pier Paolo Pasolini di alcuni Scritti corsari , di un paio di Lettere luterane e soprattutto del discorso scritto (e mai pronunciato, perché lo ammazzarono prima) per il congresso del Partito radicale del 1975, che Gaetano Quagliariello è pronto ad ascrivere al fronte moderato che si oppone alla legge sulle unioni civili («Avrebbe senz’altro manifestato con noi contro la stepchild adoption»). Pochi giorni fa, invece, è stato il turno di Antonio Gramsci, il cui «odio gli indifferenti» è diventato lo slogan di un altro moderato doc, Alfio Marchini. Senza dimenticare Enrico Berlinguer, processato di recente sull’Unità ma fatto proprio dai Cinquestelle («Il sogno di Berlinguer continua col nostro Movimento», Grillo dixit).
Tra gli effetti collaterali della trasformazione del Pd in un Partito della nazione c’è la cancellazione, dall’albero genealogico, di alcuni classici del pensiero progressista del Novecento. Come Pasolini, Gramsci e Berlinguer, che all’occorrenza vengono trasformati in «bandiere» dai movimenti o dalle liste civiche che in questo momento sfidano Renzi. Sembra lontana anni luce l’epoca in cui il Pd veniva tenuto a battesimo da quel Walter Veltroni che, al Lingotto, inanellava citazioni di De Gasperi e Olof Palme, Martin Luther King e Primo Levi, Bobbio e Gobetti.
La via renziana all’uscita dal Novecento, adesso, lascia in dote ai Democratici l’esempio di Steve Jobs, le strofe di Jovanotti e i brani di Baricco, buoni per tutte le edizioni della Leopolda. La storia, numeri alla mano, finora ha dato ragione al premier. Ma la vecchia cantina con gli album di figurine del centrosinistra, adesso, ha smesso di prendere polvere. C’è chi è pronto a rilevarli, quegli album. E non è dato sapere, al momento, se qualcuno dentro il Pd ne rivendicherà prima o poi la paternità. Magari per lanciare, al momento opportuno, la sfida a Renzi.