mercoledì 9 dicembre 2015

Repubblica 9.12.15
Guardare oltre il Duomo la sfida a Renzi di Pisapia
Il suo appello unitario parla al cuore e alla mente di una sinistra frastornata E ha come orizzonte “nascosto” il 2018
di Stefano Folli


Non è un duello in stile Ok Corral perché la forma e le buone maniere non si dimenticano, ma certo è un contrasto politico serio quello che si profila a Milano. Da un lato il commissario all’Expo, Giuseppe Sala, che incarna un’ipotesi ben precisa: il sindaco-manager capace di rompere i vecchi schemi e raccogliere consensi negli ambienti della sinistra moderata non meno che della destra pragmatica: un sindaco “del fare”, si sarebbe detto in anni passati, del tutto post-ideologico.
Dall’altro lato una candidata dalla forte impronta politica, Francesca Balzani, vice di Pisapia e nei fatti sostenuta a spada tratta dal sindaco uscente. Il primo interpreta la prospettiva centrista del Pd, tale da raccogliere consensi anche nell’area che un tempo avrebbe votato Berlusconi. La seconda rappresenta un tentativo di riaggregare il voto di sinistra nelle sue varie e disarticolate espressioni. Il primo è l’immagine stessa del “partito del premier”, formula che convince di più dell’altra definizione: quel “partito della nazione” sempre evocato, ma raramente precisato.
La seconda è soprattutto una scommessa: l’idea che possa esistere una sinistra con radici nella società, specie fra i ceti più deboli, e al tempo stesso in grado di vincere nelle urne. Quindi non una sinistra condannata alla sconfitta oppure a trasformarsi in qualcosa di diverso (appunto il “partito del premier”).
Milano - ormai è quasi un luogo comune è la città che anticipa i cambiamenti. Anche stavolta non si smentisce. L’appello all’unità - del Pd e della sinistra - firmato da Pisapia con i sindaci di Genova e Cagliari ha un preciso significato: vuole parlare alla mente e anche al cuore di un mondo talvolta frastornato, incerto sulla propria identità e incalzato dai nuovi populismi, leggi 5Stelle in primo luogo.
Al tempo stesso la linea di Pisapia è diversa, non solo nel tono, rispetto al renzismo. Per ora riguarda il livello comunale, ma con l’ambizione sottintesa di valere un giorno anche sul piano nazionale: magari quando il Pd andrà a congresso, prima delle elezioni del 2018.
Con il progetto di riunire le anime della sinistra, in particolare il Sel, Pisapia spera di consolidare la base elettorale della Balzani. E non a caso la diretta interessata auspica un confronto aperto, non condizionato dai vertici romani. L’appello serve a definire un patrimonio di consensi alternativi a quelli in cui pescherà Sala, ovvero quel bacino trasversale assai vasto sulla carta, che fa del manager un candidato quasi imbattibile in vista del confronto interno.
Ma bisogna guardare oltre Milano. Un passo dopo l’altro, Pisapia sta modellando un profilo distinto rispetto al capo del governo. Lo fa con il sorriso e senza fretta, anche con lealtà, eppure il suo obiettivo è tagliare la strada al “partito del premier” nella città più importante e più legata alle speranze o alle illusioni di ripresa economica.
La minoranza del Pd e con essa l’area non solo parlamentare che vive con frustrazione il “renzismo” potrebbero aver trovato il loro nuovo punto di riferimento. In fondo hanno bisogno di una leadership dopo il risultato non esaltante della battaglia contro la riforma del Senato. Pisapia potrebbe essere quel leader? È difficile dirlo oggi, ma l’idea di ripartire da Milano e dalle primarie ha una sua logica. Non più il gioco stretto all’interno dei palazzi, ma un’uscita in campo aperto sfruttando l’arma renziana per eccellenza: le primarie.
L’argomento per riaggregare la sinistra è preso dalla cronaca di questi giorni: l’esigenza di contrastare il populismo di destra, ossia il vento francese. Il che non riguarda Sala, certo non classificabile come populista. Tuttavia i termini del problema sono chiari: la ricucitura dei rapporti a sinistra contro il dinamismo modernizzatore che punta tutto sulla persona.
C’è da credere che Renzi non si farà trascinare nella contesa per non mettere a rischio il governo. A lui interessa in via prioritaria non perdere le maggiori città. A Milano meglio riuscirci con Sala, ma in concreto si vedrà.