martedì 8 dicembre 2015

Repubblica 8.12.15
Vatileaks, il processo diventa uno show “Sì ai supertestimoni”
In aula anche il segretario di Stato Parolin e Paolo Mieli
Si allungano i tempi: nuova udienza forse dopo Natale
Il Papa voleva la sentenza prima del Giubileo: cambio di rotta dopo le critiche sui diritti della difesa negati agli imputati
di Marco Ansaldo


CITTÀ DEL VATICANO Udienza rinviata sine die. Con uno stuolo di nuovi testi presto ammessi a parlare. E che testimoni: cardinali, monsignori, editori, funzionari governativi. Tutti davanti alla Corte della Santa Sede. I tempi del processo al caso Vatileaks 2, invece che accorciarsi, si allungano. E il dibattimento, che nemmeno un mese fa, nelle intenzioni degli inquirenti si sarebbe dovuto concludere prima dell’inizio del Giubileo, dunque ieri 7 dicembre, vede ora al contrario tempi dilatati. Con il Vaticano costretto a imprimere una svolta diversa rispetto a quanto si attendeva.
La terza udienza al processo per la divulgazione delle carte segrete uscite dai dicasteri pontifici e pubblicate in due libri- inchiesta è durata ieri poco meno di due ore. E anziché entrare nel vivo con l’interrogatorio degli imputati, è stata dedicata ancora alle eccezioni preliminari, determinando un ulteriore rinvio, addirittura a data da destinarsi.
Sono stati ammessi, però, tutti i testimoni richiesti dalle difese. Così a deporre saranno come il numero due del Papa, il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, e un altro porporato, Santos Abril y Castellò, arciprete di S. Maria Maggiore e presidente della Commissione di vigilanza dello Ior. Dovrà presentarsi addirittura anche l’elemosiniere pontificio, il monsignore polacco Konrad Krajewski. Questi ultimi testi sono stati tutti chiesti dall’imputata Francesca Chaouqui, la pr già membro della commissione vaticana sulle riforme finanziarie. Fra gli altri testi citati c’è anche il nome dell’ex direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, oggi presidente di Rcs Libri, richiesto dall’autore di uno dei due saggi, il giornalista Gianluigi Nuzzi. Spunta poi il nome di Mario Benotti, ex capo segreteria del Sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi: è indagato con la Chaouqui e con il marito Corrado Lanino nell’inchiesta della procura di Terni adesso confluita a Roma, la cui deposizione nel processo è stata chiesta dalla difesa di monsignor Lucio Vallejo Balda, il prelato spagnolo da più di un mese nelle celle vaticane con l’accusa di aver diffuso i documenti riservati.
Le richieste degli avvocati sono state così accolte. Secondo i legali la citazione del cardinale Abril servirà a mostrare che «l’agire della Chaouqui era nell’interesse del Santo Padre», e quella del Segretario di Stato Parolin «perché può riferire sui rapporti lavorativi intercorrenti tra Vallejo e Chaouqui». Su quest’ultimo punto alcuni osservatori fanno rilevare che il numero due della Santa Sede non ha mai avuto contatti con la ex commissaria, e che l’organismo era stato costituito nel luglio 2013 quando Parolin si trovava ancora in Venezuela con l’incarico di nunzio, e al suo arrivo in Vaticano si era piuttosto adoperato perché venisse sciolta.
Come si è arrivati a una tempistica così diversa rispetto ai programmi di inizio novembre? La Santa Sede intendeva chiudere il processo con rapidità: già il caso Vatileaks 1, con l’arresto, il dibattimento e la grazia infine concessa nel 2012 all’ex maggiordomo di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, aveva attirato non poche attenzioni dell’opinione pubblica internazionale sul Vaticano. Che voleva ora chiudere la vicenda in tempi brevissimi. Tutto ciò aveva però cominciato a dare una pessima immagine sulla conduzione del nuovo caso. Le critiche degli avvocati prima, particolarmente quelli di fiducia degli imputati, esclusi dal Vaticano quasi all’ultimo momento a favore dei loro colleghi d’ufficio, quindi le accuse della stampa più indipendente sia negli Stati Uniti, sia in Spagna (il Paese di monsignor Vallejo Balda), sia in Italia a favore di un “processo giusto”, hanno provocato un ribaltamento delle intenzioni iniziali. Ecco così che alla seconda udienza, il 30 novembre, si rimandava tutto alla seduta di ieri. E lo stesso giorno Papa Francesco, in volo dal Centrafrica, annunciava che «agli avvocati verrà dato tutto il tempo necessario per preparare la difesa». I tempi del processo saranno normali. E ieri, addirittura, si parlava della prossima udienza per dopo Natale.