Repubblica 7.12.15
L’Italia guida la caccia alla materia oscura
La sfida più difficile dopo il bosone di Higgs
di Giovanni Amelino-Camelia
COME per la particella di Higgs anche nel caso della ricerca sulla materia oscura la fisica italiana ha un ruolo molto importante: lo dimostrano gli studi sperimentali che si stanno svolgendo nei laboratori del Gran Sasso. Sia la particella di Higgs che la materia oscura sono due casi che, semplificando, potremmo definire così: la scienza di quello che non si vede. Casi in cui l’analisi di alcuni fatti ci ha portati ad ipotizzare l’esistenza di un tipo di particella mai osservato prima. Il compito ordinario della scienza è descrivere coerentemente quello che vede; ma, a volte, si formulano ipotesi su entità non ancora osservate. Capita quando si individua un modello matematico che descrive efficacemente molti fatti sperimentali ma che, per la sua coerenza logica, richiede appunto l’esistenza di un nuovo tipo di particella.
Questo è il caso del bosone di Higgs, introdotto per formulare coerentemente il modello matematico che descrive la fisica delle particelle elementari, il “modello standard”. Era la logica matematica di quel modello a richiederlo: senza la particella di Higgs, infatti, il modello avrebbe descritto gli elettroni e le altre particelle come privi di massa, contrariamente a quanto osserviamo. Per oltre 40 anni tante predizioni del modello sono state sottoposte a verifiche sperimentali, tutte superate con successo: mancava la conferma della esistenza della particella di Higgs. Che è arrivata solo recentemente grazie agli esperimenti condotti al Cern. Le prime formulazioni dell’ipotesi della materia oscura sono addirittura precedenti all’idea della particella di Higgs. Già negli anni Trenta gli scienziati avevano cominciato a interrogarsi su un fatto: le stime della massa di alcuni oggetti astronomici basate sull’osservazione diretta della materia che contenevano erano sensibilmente inferiori alle stime di massa che si potevano dedurre sulla base della osservazione degli effetti gravitazionali prodotti da quegli oggetti astronomici.
Una spiegazione possibile era che questi oggetti contenessero altra materia oltre a quella che noi siamo in grado di osservare, materia di un tipo mai visto prima, materia che non assorbe e non emette radiazione elettromagnetica.
L’esempio più semplice di questo tipo di situazione si ha con alcune osservazioni delle “galassie a spirale”: la velocità osservata per il moto delle stelle su orbite periferiche attorno al centro della galassia è molto più elevata di quanto si possa dedurre sulla base dell’attrazione gravitazionale prodotta dalla materia visibile in quelle galassie. Il disaccordo appunto sarebbe risolto se queste galassie contenessero, oltre ad ordinaria materia visibile, anche della materia invisibile, “oscura”. Col passare degli anni altre osservazioni hanno dato forza all’ipotesi della materia oscura, ma nella scienza di quello che non si vede non sempre tutte le teorie funzionano. Un esempio di quanto sia importante essere prudenti è la storia del pianeta Vulcano ipotizzato verso la metà dell’800. Per spiegare le sorprendenti proprietà dell’orbita di Mercurio (osservate sperimentalmente) si ricorse all’ipotesi dell’esistenza di un nuovo pianeta, chiamato Vulcano. Quelle osservazioni avrebbero avuto una naturale spiegazione in termini dell’attrazione gravitazionale tra i due pianeti. Alla ricerca di Vulcano furono dedicati decenni di esplorazione telescopica, ma non fu mai trovato. Ora sappiamo che Vulcano non esiste: molto tempo dopo si capì che la descrizione delle proprietà sorpredenti dell’orbita del pianeta Mercurio richiedeva una riformulazione dei fenomeni gravitazionali, quella che fu poi introdotta da Einstein.
La mia valutazione è che l’evidenza indiretta che abbiamo della materia oscura sia più robusta di quanto fosse quella per il fantomatico pianeta Vulcano, ma meno robusta di quella che avevamo per la particella Higgs. Inoltre l’osservazione della materia oscura è una sfida particolarmente difficile, più difficile di quanto fosse la ricerca della particella di Higgs, perchè abbiamo poche informazioni su cosa sia necessario per osservarla davvero. Senz’altro dovrebbe essere materia di un nuovo tipo, un tipo che non assorbe o emette onde elettromagnetiche, ma questo lascia aperti numerosi scenari alternativi sulle sue proprietà. Sarebbe bello che la scoperta della materia oscura avvenisse proprio al Gran Sasso. Sempre che la Natura lo voglia.
( L’autore è docente alla Sapienza di Gravità Quantistica)