Repubblica 2.12.15
Bruxelles.
La Commissione studia quote per ripartire i tre miliardi promessi alla Turchia per la gestione dei profughi
“Da Roma 281 milioni” ecco il conto che la Ue pagherà ad Ankara per gli aiuti ai migranti
di Andrea Bonanni
BRUXELLES Chi pagherà i tre miliardi di euro che l’Unione europea ha promesso alla Turchia? Al vertice di domenica scorsa i capi di governo si sono impegnati a contribuire, con un importo «iniziale » di tre miliardi, al mantenimento degli oltre due milioni di profughi, prevalentemente siriani, che hanno trovato rifugio oltre le frontiere turche. Dall’inizio della guerra civile in Siria, gli aiuti umanitari europei destinati alle vittime del conflitto sono stati pari a 3,6 miliardi di euro: 1,6 miliardi pagati dal bilancio Ue e 2 miliardi circa versati dai singoli stati membri. Nel suo complesso, l’Europa è di gran lunga il maggior contributore di aiuti umanitari nella regione. La decisione adottata domenica praticamente raddoppia gli stanziamenti finora versati.
Il problema che però non è stato risolto è come gestire questi soldi, e soprattutto come ripartirsi l’onere. Prima del vertice, la Commissione europea ha approvato una decisione dove fissa modalità e quote di contribuzione. Ma i governi, per ora, non l’hanno ancora approvata. Il documento andrà in discussione la prossima settimana, e sarà comunque la base su cui si dovrà trovare un’intesa.
Per prima cosa, i tre miliardi non saranno versati alla Turchia. La Commissione propone di creare una «facility», cioè in pratica un fondo su cui depositare la somma che verrà amministrata direttamente dagli europei e dovrà servire a finanziare sia gli interventi di emergenza, sia progetti di aiuto ai rifugiati e alle popolazioni che li ospitano. La facility sarà amministrata da un comitato composto da due rappresentanti della Commissione e da un rappresentante per ogni stato membro. Tuttavia sarà la Commissione ad avere l’ultima parola sia nella selezione dei programmi sia nella decisione riguardante gli interventi di urgenza.
Il problema più spinoso, naturalmente, è la ripartizione degli oneri di finanziamento. L’esecutivo comunitario è in grado di rastrellare, nelle pieghe del bilancio, mezzo miliardo di euro. I restanti due miliardi e mezzo, secondo Bruxelles, dovrebbero essere versati direttamente dagli stati membri. Il calcolo dei contributi è fatto in base al Pil di ciascun Paese. La Germania dovrebbe versare 534 milioni, la Gran Bretagna (che non ha voluto partecipare alla redistribuzione dei rifugiati già sul suolo europeo) 409, la Francia 386. Il contributo dell’Italia dovrebbe essere di 281 milioni di euro. Seguono la Spagna con 191 e l’Olanda con 117. Quando si sono visti presentare il conto, i governi si sono messi le mani nei capelli. E a poco è valsa l’assicurazione, data a voce da Juncker, che i contributi sarebbero scomputati dal calcolo del deficit e dunque non inciderebbero sul rispetto dei parametri di Maastricht.
Nella sua decisione la Commissione ricorda che in realtà il budget comunitario registra già un surplus di 2,3 miliardi di euro, dovuto alla riscossione di multe, di penali, di interessi sui prestiti e sui ritardi di pagamento. La somma potrebbe coprire quasi per intero il fabbisogno della facility. Tuttavia, secondo le attuali regole di bilancio, questo surplus dovrebbe essere ridistribuito agli stati membri sottraendolo dai contributi che dovranno versare l’anno prossimo.
Molti governi, compreso quello italiano, vorrebbero in realtà che il grosso dei tre miliardi venisse messo da Bruxelles, attingendo al bilancio della Ue. Ma una simile operazione costringerebbe la Commissione a tagliare altre voci di spesa, come i fondi agricoli o quelli per la coesione regionale. Con il risultato di una redistribuzione degli oneri che risulterebbe probabilmente più penalizzante per quei Paesi che ricevono maggiori finanziamenti dalla Ue. E’ dunque probabile che, alla fine, i criteri definiti dalla Commissione finiscano per essere approvati senza modifiche sostanziali.