mercoledì 2 dicembre 2015

La Stampa 2.12.15
Perché le imprese assumono i meno giovani
Esodati e più competenti
Gli intramontabili cinquantenni
Le aziende preferiscono chiamare lavoratori esperti
di Walter Passerini


Doveva essere un giorno di ordinaria continuità, ma è stata una doccia fredda quella degli ultimi dati Istat sull’occupazione, che mette in luce la fragilità della nostra crescita e la fatica di una ripresa dell’occupazione. Ma un pericolo ancora più grave è apparso alla ribalta: la pericolosa frattura tra giovani e adulti. Dal 2013 crescono in modo costante gli occupati di 50 anni e oltre: sono il 13,9% in più, 900 mila occupati in più tra gennaio 2013 e ottobre 2015.
Gli altri invece sono in calo, in particolare nella fascia 15-34 anni, il 6,3% in meno, una perdita di oltre 300 mila occupati da gennaio 2013.
Anche nella classe di età 25-34 anni nell’ultimo mese c’è stato un aumento della disoccupazione (+0,2%) e una diminuzione dell’occupazione (-0,2%). Ma che cosa sta succedendo? E perché i giovani non riescono a salire sulla giostra del lavoro? I motivi sono tanti. Innanzitutto la demografia e l’invecchiamento della popolazione (da gennaio 2013 a settembre 2015 gli over 50 aumentano del 4,7%, mentre calano le persone tra 15-34 anni). Poi la maggior partecipazione al mercato del lavoro degli over 50-55, a causa delle minori uscite per pensionamento dovute alla nuova normativa previdenziale. Il tasso di occupazione tra 50-64 anni è così cresciuto nell’ultimo triennio del 4,6%. Anche il rientro dei cassintegrati sposta il mix anagrafico a favore dei più anziani. E questo nonostante i venti di ripresa in cui si trovano diversi settori, con un paradosso: secondo l’ultimo dato Unioncamere ci sono quasi 80 mila profili professionali che le aziende cercano e non trovano e il gap si trova soprattutto nella Net economy e nell’industria 4.0.
Le ragioni stanno nell’inadeguatezza delle competenze soprattutto dei giovani diplomati, la cui formazione risulta insufficiente, anche perché le aziende cercano giovani che abbiano qualche esperienza. Sotto accusa anche la debolezza dei laureati (per i dottori in ingegneria la difficoltà di reperimento è del 23%). Nemmeno gli incentivi alle imprese che assumono servono a riequilibrare le sorti dei giovani. Il bonus assunzioni previsto da Garanzia giovani è stato usato solo da 15 mila imprese per una spesa di soli 52 milioni sui 177 previsti dalla misura. Ma anche il contratto a tutele crescenti denota una preferenza delle imprese per lavoratori maturi: se deve assumere, un imprenditore sceglie di usare il supersconto fino a 8 mila euro per tre anni per chiamare un lavoratore già esperto, piuttosto che un giovane da formare (si stima che gli under 29 assunti siano meno di un terzo).
Che fare? E come fare salire i giovani sulla giostra del lavoro? I rimedi sono a vasto raggio. «Le due misure per riconoscere che i giovani sono la priorità – spiega Gigi Petteni, segretario nazionale della Cisl – sono la flessibilità in uscita dal sistema previdenziale da parte degli adulti e la solidarietà espansiva tra giovani e meno giovani. E’ sempre più necessario innovare e ringiovanire le imprese, per questo servono strumenti contrattuali di tipo nuovo». «Le imprese oggi navigano ancora su cicli brevi – afferma Paolo Iacci, vicepresidente Aidp, l’Associazione dei direttori delle risorse umane – e vogliono gente pronta subito. Ci sono almeno 700 mila over 50-55 senza lavoro che per rientrare in azienda sono disposti ad accettare stipendi più bassi, pur di lavorare e mantenere i figli disoccupati. Le imprese lo sanno e li accolgono volentieri». Mentre altri puntano sul nuovo apprendistato, la cui sperimentazione parte a gennaio: «La strategia del governo – conclude Luigi Bobba, sottosegretario al ministero del Lavoro – è quella di migliorare le competenze dei giovani attraverso l’apprendistato di primo e terzo livello. E’ la nuova via italiana al sistema duale: la formazione sarà al 50% a scuola e al 50% nell’ambiente di lavoro, per rafforzare la qualificazione dei ragazzi, ridurne la dispersione scolastica e migliorare la loro occupabilità».