martedì 15 dicembre 2015

Repubblica 15.12.15
Il direttore di banca
“Volevo salvarli ma non potevo dire il vero: li mandai dalle associazioni”
“Caccia all’uomo per vendere i bond cercavamo clienti anche in ospedale”
Dovevamo informarli ma non lo facevamo. Molti di loro non sapevano neanche cosa stavano firmando
Dopo gli avvisi furono fatte cose vergognose: dicevamo che era una formalità e facevamo firmare di nuovo
intervista di Federica Angeli


PERUGIA. «Ho cercato di salvare quanti più correntisti ho potuto, invitavo i miei clienti a rivolgersi ad associazioni di consumatori per saperne di più. Non potevo dire loro la verità, avrei rischiato il posto di lavoro, ma che le obbligazioni subordinate fossero un prodotto che avrebbe rovinato solo e soltanto i clienti lo sapevamo tutti». A parlare è un direttore di banca Etruria di una filiale del centro Italia che incontriamo a Perugia e che, sotto garanzia dell’anonimato, ci spiega i meccanismi che portavano alla collocazione di bond a rischio.
Emerge che c’erano pressioni per vendere questi bond. È così?
«Sì. I dipendenti ricevevano premi in soldi sul rendimento settimanale. È iniziata una caccia all’uomo spietata: correntisti (soprattutto anziani) venivano raggiunti in case di cura o ospedali, incontrati casualmente fuori da scuola e invitati ad andare in banca, o chiamati uno per uno».
Come proponevate questi prodotti?
«Con correntisti e piccole e medie imprese operavamo così: proponevamo le obbligazioni subordinate a tutti dichiarando un rischio zero. A chi invece ci chiedeva un mutuo lo concedevamo maggiorato con l’obbligo di acquistare questi titoli. Oggi le piccole e medie imprese a fronte del mutuo a garanzia con quei titoli hanno perso tutto».
Il questionario Mifid lo sottoponevate al cliente?
«No. Nel 95% dei casi veniva compilato dagli impiegati di banca. Partiamo da un presupposto: i risparmiatori interessati non lo vedevano neanche. Si trattava soprattutto di persone con una scolarità finanziaria pari allo zero a cui noi professionisti del settore eravamo obbligati a spiegare tutto. Invece questo non avveniva. Moltissimi di loro non sapevano neanche cosa stavano firmando».
Quando si è raggiunto il picco di vendita di subordinate?
«Tra la fine del 2012 inizio 2013 in poi. Le sollecitazioni di funzionari di banca Etruria nei confronti dei risparmiatori si sono fatte più insistenti per l’acquisto di obbligazioni subordinate e azioni. In quel periodo c’erano le ispezioni di Banca d’Italia e la situazione di dissesto erano già note agli organi della banca e agli operatori del settore».
Il 10 febbraio 2015 la banca dell’Etruria viene commissariata. Da quella data avete smesso di vendere bond subordinati?
«No. Dopo l’ispezione e le lettere inviate dai commissari della banca ai correntisti è successo qualcosa di ancora più vergognoso ».
Può spiegarci di quale lettera parla e cosa è accaduto di “vergognoso”?
«Verso giugno 2015 i commissari di Etruria si accorsero dei Mifid taroccati, mandarono lettere ai clienti di questo tenore». (Il direttore mostra la lettera datata 30 giugno 2015). «Gentile cliente, con la presente vogliamo comunicarle che, sulla base delle informazioni da lei fornite nel questionario Mifid il suo portafoglio risulta non adeguato al suo livello di conoscenza ed esperienza finanziaria. La invitiamo a mettersi in contatto con la sua filiale e il suo gestore per verificare la coerenza delle informazioni rese per valutare eventuali interventi al suo portafoglio».
E quando il risparmiatore che ha ricevuto questa lettera veniva in banca?
«Nella stragrande maggioranza dei casi è successo che i dipendenti dicessero che era una pura formalità e facevano rifirmare lo stesso prodotto, però con la dicitura “alto rischio”, senza che il cliente sapesse nulla. È stato allora che ho detto a molti dei miei clienti di rivolgersi ad una associazione di consumatori seria prima che fosse troppo tardi».