La Stampa TuttoScienze 23.12.15
La nuova fisica
La particella X che cambierà tutto
di Gabriele Beccaria
Sarà un anno vissuto intensamente, il 2016, al Cern. L’anno della Scoperta o dell’Intermezzo. Dipende se si porterà alla luce o no una particella capace di spingerci in un territorio mai visto. Quello della Nuova Fisica. In poche parole di rivoluzionare le idee che hanno finora governato la concezione della natura e dell’Universo.
La particella per ora è un fantasma e come tutti gli spettri ha fatto una fugace - e controversa - apparizione, ma sufficiente ad accendere gli animi e a eccitare i cervelli. È successo al seminario di fine anno del Cern. Nell’Auditorium, più affollato del solito, quando sono stati presentati i dati raccolti da due esperimenti dell’acceleratore Lhc, chiamati Atlas e Cms, sono emerse anomalie simili: un eccesso di fotoni che potrebbe indicare la disintegrazione di un tipo di particelle mai osservate prima.
«Al momento - spiega Marco Delmastro, fisico di Atlas - non siamo in grado di dire se si tratti di un segnale o di una fluttuazione statistica. Qui non c’è bianco o nero. Siamo in una situazione grigia». E sottolinea Marcella Diemoz di Cms: «L’attesa al Cern era giustificata dal fatto di avere raggiunto nell’acceleratore energie molto alte, pari a 13 TeV, 13 mila miliardi di elettronvolt, nonostante i dati statistici restino limitati. La piccola deviazione in quella che chiamiamo “distribuzione della massa invariante” può avvenire senza essere di per sé significativa». E a svelarlo è la statistica.
«È nell’ordine dell’1% che si tratti di una coincidenza di fluttuazioni casuali tra i test. Ma lei prenderebbe un aereo che ha l’1% di probabilità di precipitare? Certo che no. Voliamo perché le probabilità sono di 1 su decine di milioni», dice Diemoz. La scommessa, quindi, resta aperta, anche se è evidente che nessuno si azzarderebbe ad annunciare una scoperta con un tasso d’incertezza così alto.
Delmastro spiega che i fisici si trovano bloccati in questo territorio «grigio» e lo paragona a un luogo di mezzo, in cui si gioca a dadi: «Se supponiamo di averne 10 mila, lanciati contemporaneamente per 10 volte di fila, quante sono le possibilità che da almeno un dado si ottenga il numero 6 per 10 volte di fila? Se sapessimo quale dado controllare, l’evento si rivelerebbe molto improbabile, ma, dato che lo sguardo si perde nella quantità, la possibilità di osservare una fluttuazione statistica che assomiglia a un evento improbabile non è poi così improbabile. L’unica opportunità per capire, quindi, è continuare a lanciare i dadi».
Sembra uno scioglilingua, ma è il cuore della sfida. Che - spiega Diemoz - «riprenderà in primavera, quando le collisioni ricominceranno». E non saranno solo tra fasci di protoni. Ma tra fisici sperimentali e fisici teorici. L’ulteriore difficoltà, infatti, è nella curiosa inversione dei ruoli. Alla vigilia della scoperta del Bosone di Higgs la teoria che ne prevedeva l’esistenza era solida abbastanza da guidare i test. Oggi la situazione è capovolta: i test sembrano andare oltre, mentre i teorici si affannano a elaborare ipotesi al di là del Modello Standard. Il quale funziona, sebbene non spieghi enigmi tipo la materia e l’energia oscura o la prevalenza della materia sull’antimateria o, ancora, la natura della gravità.
Così lo «zoo delle particelle» - come lo chiamano i fisici - resta caotico e c’è chi immagina axioni, gravitoni o un nuovo Higgs. L’unica certezza è l’energia nell’anello di Lhc: «Ogni protone si scontra a 6,5 TeV - osserva Diemoz -, toccando i 13 nel centro di massa della collisione». Che, per miliardi di particelle, significa l’equivalente di un Tgv a 150 all’ora, anche se ognuna racchiude il fruscio delicato di una zanzara in volo.