martedì 8 dicembre 2015

La Stampa 8.12.15
Il prossimo choc può toccare  alla Germania
di Bill Emmott


L’unica cosa scioccante del voto di domenica alle elezioni regionali francesi per il Fn, un partito di estrema destra, è che chiunque, in campo politico o giornalistico, possa dirsene scioccato. L’ascesa del partito nazionalista e anti immigrati di Marine Le Pen era lo sviluppo in assoluto più prevedibile della politica francese ben prima che le atrocità commesse dai terroristi a Parigi il 13 novembre ne dessero la certezza. Il pericolo insito nel dirsene scioccati è ciò che implica in termini di negazione, accondiscendenza e mancanza di preparazione della politica ufficiale.
Questo è un fenomeno europeo e non solo francese. È già stato osservato in Danimarca, Svezia, Olanda, Polonia, Regno Unito e, con il revival della Lega Nord, in Italia, e in molti altri Paesi. A volte, come in Spagna e in Grecia, la ribellione contro i partiti istituzionali, vira verso l’estrema sinistra. Ma con 25 milioni di disoccupati nell’Ue, oltre un milione di rifugiati solo in questo ultimo anno, e con la paura del terrorismo che tiene sotto scacco il continente, non c’è da meravigliarsi che il fenomeno prenda la piega dell’estrema destra.
Innanzitutto l’ascesa dell’estrema destra è la risposta all’apparente incapacità e impotenza dei leader tradizionali. Bisogna sopportare la crisi economica, dicono e così l’austerità fiscale. La crisi dei migranti li ha colti di sorpresa, si sono trovati come i Keystone Kops, intenti a barcamenarsi tra soluzioni nazionalistiche e una fragile aspirazione a un approccio comunitario. Solo sugli atti di terrorismo c’è stata una sorta di risposta - una risposta che agli occhi di molti votanti è arrivata troppo tardi.
La domanda a cui ora non c’è risposta è fin dove arriverà questa rimonta dell’estrema destra. La risposta onesta è che dipende da cosa accadrà da ora in poi in termini di crescita economica, gestione del fenomeno dell’immigrazione e terrorismo. La presunzione più pericolosa sarebbe pensare che il quasi 28% raggiunto dal Fronte nazionale a queste elezioni regionali in Francia rappresenti il massimo cui si può arrivare. Può arrivare più in alto, molto più in alto. È anche ipotizzabile – anche se non è probabile – che Marine Le Pen vinca le presidenziali a maggio 2017.
Inoltre, il paese che potrebbe subire il prossimo «choc» potrebbe essere il più importante d’Europa, la Germania. Potrebbe anche non essere direttamente in termini di voti per l’equivalente del Fronte Nazionale, anche se il fin qui piccolo partito dell’Alternativ Für Deutschland appare molto sicuro di sé. Ma si potrebbe trattare di una ribellione contro la cancelliera Angela Merkel all’interno del suo stesso partito, la Cdu-Csu, sui temi dell’immigrazione.
La domanda più facile cui rispondere è come dovrebbero rispondere i partiti al governo e i loro leader, cancelliera Merkel, inclusa. Fin qui, come dimostra la decisione della Svezia di chiudere il famoso ponte che la collega alla Danimarca, in modo da scoraggiare i rifugiati, stanno agendo in preda al panico, mutuando le politiche anti-immigranti dei loro avversari politici.
Una risposta migliore sarebbe dimostrare che i sistemi tradizionali, inclusa la cooperazione nell’ambito dell’Unione, non sono dopotutto inutili o inefficaci se usati con forza e determinazione. Questo vale in primo luogo per l’economia, là dove Francia e Germania dovrebbero, eventualmente anche con la collaborazione della Gran Bretagna, lanciare un nuovo programma europeo di investimenti pubblici per le infrastrutture, in particolare un progetto congiunto per l’elettricità. Sarebbe un buon strumento per affrontare il cambiamento climatico, poiché darebbe ai paesi dell’Unione la possibilità di condividere in modo più efficiente il surplus di energie rinnovabili e creerebbe immediatamente nuovi posti di lavoro.
Maggiori risorse sarebbero anche la migliore risposta alla crisi dei migranti là dove gli sforzi per formare una forza di confine europea, adeguati centri di accoglienza per i migranti e una rete di collaborazione nel Mediterraneo sono stati mal finanziati e mal diretti. L’Europa può permetterselo? Sì, con una discreta ripresa economica che porta a qualche progresso nelle entrate fiscali ma anche con i minori tassi di sconto per i governi da due secoli a questa parte.
La parte più difficile è dare una risposta convincente al terrorismo, che è un obiettivo nascosto e sfuggente. Anche qui, tuttavia, parte della risposta è una franca collaborazione in termini di politica e di intelligence, e di volontà di fare tutto ciò che occorre per fare sì che le persone si sentano sicure. Così lo è una soluzione per la Siria ma il denaro non basta.
Una cosa soprattutto bisogna tenere a mente. Se si ha paura dello Stato Islamico si dovrebbe avere ancora più paura di una presidenza di Marine Le Pen. Sarebbe davvero la fine dell’Europa aperta e liberale costruita con tanta fatica in questi ultimi 70 anni.
Traduzione di Carla Reschia