lunedì 7 dicembre 2015

La Stampa 7.12.15
Pensiamo a chi non ha alternative
di Filomena Gallo
segretario Associazione Luca Coscioni


Mettere al bando la tecnica dell’utero surrogato? Tanto se ne parla in questi giorni, ma nulla si è letto su coloro che sono costretti a ricorrervi. Come le donne - ne ho incontrate tante - che non possono avere una gravidanza per ragioni di salute. Chi poteva è andata all’estero, dove la “gestazione per altri” è consentita. Ho conosciuto Novella, una giovane donna che nel 1994, per complicazioni durante il parto, perse una bambina e l’utero. La mamma di Novella, all’epoca più che quarantenne, offrì il proprio utero: «Sono tanti i genitori che donano ai propri figli un rene. Io dono l’utero». Si parlò di «culla prenatale»: una bellissima definizione. La gravidanza non si concluse.
In un’intervista rilasciata di recente, a chi le chiedeva se oggi rifarebbe le stesse scelte, Novella ha risposto: «La legge 40 non lo consente, però sì, lo farei. La voglia di essere mamma non passa mai, in un angolo del cuore quel dolore resta sempre». Questa storia mostra quanto la vita dei cittadini sia lontana dal legislatore, che vuole trasformare in legge posizioni ideologiche agli antipodi del rispetto dei diritti. Lo stesso vale per le coppie composte da persone dello stesso sesso. Ne ho conosciute, con figli: famiglie felici alle quali è stata preclusa la possibilità di avere un figlio ricorrendo alla «culla prenatale» in Italia, e hanno dovuto rivolgersi all’estero. A tutto ciò, in occasione del dibattito parlamentare sulle unioni civili, si aggiungono nuove prese di posizione del tutto strumentali. Chi si dichiara contrario non considera che in alcune condizioni, se si ragionasse in modo solidale e non punitivo, si potrebbe favorire la nascita di nuove vite e famiglie.
Di fronte a una parte della società che si arroga il potere di dire cosa sia morale e cosa no, a un legislatore che non riesce a vedere oltre i precetti ideologici, forse sarà ancora una volta compito dei giudici valutare caso per caso, tentando di risolvere problemi che attengono alla storia umana e personale di ciascuno. Se il modello di riferimento è quello di un uomo, che assicuri una gravidanza a una donna perché solo così vivranno felici e contenti, allora come bisognerebbe affrontare divorzi, seconde nozze, adozioni, perdita del padre durante la gravidanza, coppie di fatto e le altre vicende che fanno parte delle relazioni umane? Rispetto all’acceso dibattito a cui assistiamo in queste ore, va precisato che se esiste un fenomeno di sfruttamento, ai danni ad esempio di donne indigenti, sono gli stessi divieti a determinarlo. Basterebbe che lo Stato, invece di vietare, regolamentasse, con limiti e controlli, così da garantire il rispetto e la libertà di tutti.