lunedì 7 dicembre 2015

La Stampa 7.12.15
All’estero è un business
Ecco le mete degli italiani
Negli States costa fino a 150mila dollari, in Ucraina un terzo
di Flavia Amabile


Sono circa un centinaio le coppie italiane che ogni anno fanno ricorso alla maternità surrogata. A loro disposizione queste coppie non hanno molti Paesi dove la maternità surrogata viene regolata con apposite norme ed è anche aperta agli stranieri. Sono Paesi che hanno condizioni e costi molto diversi tra loro. Negli Stati Uniti le donne portatrici sono protette, garantite, libere nella loro decisione e ben pagate. E i figli ottengono fin dalla nascita il passaporto americano rendendo molto semplice il rientro in Italia e la trascrizione del certificato di nascita. Alcuni Stati hanno norme più restrittive, altri meno come California, Massachussets, Texas, Minnesota. Le maggiori garanzie hanno un costo e infatti gli Stati Uniti sono il Paese più caro. Le spese fisse si aggirano sui 100mila dollari. Di questi, circa 30mila vanno alla donna portatrice. In realtà il costo effettivo è ancora più elevato. La donna non deve sostenere alcuna spesa legata alla gravidanza, quindi ogni costo per visite ginecologiche, ecografie, analisi e altro è a carico di chi ha richiesto la maternità surrogata. Lo sono anche i costi del mancato stipendio durante gli ultimi mesi di gravidanza, di eventuali aiuti legati alla necessità di non affaticarsi durante gli ultimi mesi e qualsiasi altra spesa simile. Alla fine il costo è più vicino ai 150mila dollari che ai 100mila.
Garanzie simili sono quelle offerte dal Canada dove le donne sono protette e i figli possono essere altrettanto facilmente registrati in Italia. Rispetto agli Stati Uniti c’è il vantaggio di poter sostenere costi inferiori perché le spese sanitarie sono a carico del servizio sanitario nazionale. «Da tempo si cerca di dare il via libera a delle modifiche perché non si ritiene giusto far pesare sui contribuenti canadesi il costo della nascita di un bambino che crescerà altrove ma per il momento le regole sono queste», racconta Susanna Lollini, avvocato, che da oltre 20 anni si occupa di maternità surrogata.
I costi della maternità surrogata in Canada però restano comunque alti. Gli italiani, infatti, si rivolgono soprattutto all’Ucraina dove si paga anche tre volte di meno. Le donne portatrici chiedono un compenso che parte da 5mila euro, che da quelle parti è una cifra che permette di acquistare anche un appartamento. Sono inferiori anche le spese mediche. Perché vengono coperte dal sistema pubblico ma anche perché sono minori le complicazioni legate alla gravidanza. «Le donne ucraine e russe hanno una cultura del fare i figli molto più naturale di quella delle donne statunitensi, ad esempio», sottolinea l’avvocato Lollini. A differenza di quanto accade negli Usa, i futuri genitori non creano un rapporto con la donna portatrice. La prima barriera è la lingua ma anche l’atteggiamento delle ucraine, meno desiderose di mantenere un legame con il bambino che nascerà e con i loro genitori.
Altra rilevante differenza è la cittadinanza. Quando nascono i bambini non esistono, non sono né ucraini né italiani né altro, hanno solo un certificato. Per portarli via i genitori hanno bisogno di un’autorizzazione del Consolato che porta in Italia all’apertura di una procedura penale. Per trascrivere il certificato molto spesso le Anagrafi aspettano la conclusione del processo quindi i tempi possono essere lunghi. In Russia regole e garanzie sono più o meno le stesse presenti in Ucraina. L’unica differenza è che a Kiev e dintorni a chiedere la maternità surrogata possono essere solo coppie regolarmente sposate. Un obbligo che non esiste in Russia dove la richiesta può arrivare anche da donne e uomini single. Sono bandite solo le coppie omosessuali.
Un altro Paese dove gli italiani potrebbero andare a chiedere una maternità surrogata è l’India. «Ma è un Paese che noi escludiamo del tutto: non c’è alcuna trasparenza, né sicurezza che le donne siamo libere di scegliere, né garanzie su come vengano trattate o sull’equità del compenso». In pratica non ne esistono.