giovedì 31 dicembre 2015

La Stampa 31.12.15
Ebrei e palestinesi, rompere il silenzio per cercare la pace
di Abraham Yehoshua


Gli eventi delle ultime settimane in Israele hanno assunto il carattere di un dramma politico dagli avvincenti colpi di scena. Il dramma è sempre quello tra la sinistra e la destra, cioè tra coloro che combattono per una separazione dai palestinesi e la pace e coloro invece che hanno perso ogni speranza e desiderio di raggiungere un accordo.
E fanno il possibile per consolidare l’occupazione e stabilire nuovi insediamenti, facendo così naufragare ogni possibilità di cambiamento.
Le colpe del governo
Questo dramma si è ulteriormente inasprito sotto il governo Netanyahu raggiungendo un nuovo apice con la notizia che a un convegno organizzato dal quotidiano «HaAretz» a New York (al quale è intervenuto anche il presidente israeliano Reuven Rivlin, uomo coraggioso e vero liberale) era presente un rappresentante dell’organizzazione «Breaking the Silence», della quale ho già avuto occasione di parlare negli ultimi due anni. È questa un’organizzazione dagli alti standard morali, fondata da soldati riservisti che raccolgono testimonianze su comportamenti scorretti dei servizi di sicurezza, dell’esercito, della polizia e dei coloni verso i civili palestinesi nei territori occupati della Cisgiordania e che hanno denunciato trasgressioni all’etica militare di loro commilitoni durante l’ultima guerra nella Striscia di Gaza. L’obiettivo di tali testimonianze, notificate dapprima alle autorità militari e portate in un secondo tempo a conoscenza del pubblico in Israele e all’estero, è quello di far conoscere ai cittadini israeliani il pesante costo morale della lotta contro i palestinesi, in atto a poca distanza dalle loro case.
In ogni ente o istituzione pubblica dovrebbero esserci dipendenti coraggiosi che denunciano carenze e corruzioni che sfuggono ai meccanismi di controllo ufficiali. E questo è ancora più vero per istituzioni potenti quali l’esercito e la polizia. In Israele l’esistenza di un’organizzazione come «Breaking the Silence» assume dunque un ruolo importante in quanto il controllo dell’esercito israeliano sulla popolazione civile palestinese non è come quello, per esempio, delle truppe francesi in Algeria o britanniche in Kenya o in India. Nel caso di Israele le popolazioni ebraica e palestinese vivono mescolate e saranno costrette a rimanerlo per l’eternità. Un soldato che umilia e ferisce un giovane palestinese a Hebron o a Betlemme dovrebbe capire che nel momento in cui lo fa un suo famigliare potrebbe essere ricoverato in un ospedale israeliano e affidato alle cure di un infermiere o di un medico palestinese, zio o parente del giovane che lui ha offeso o trattato con brutalità. Pertanto il rispetto del principio definito in Israele «Purezza delle armi», ovvero l’uso delle armi secondo regole morali (uno dei valori fondamentali sui quali si è basata la forza militare israeliana fin dal principio del sionismo) è fondamentale da un punto di vista etico ed è vitale per il futuro dello Stato ebraico in Medio Oriente.
Qualcosa di importante
L’organizzazione «Breaking the Silence», composta da combattenti patrioti che vogliono mantenere un comportamento corretto nei contatti quotidiani fra l’esercito israeliano e la popolazione palestinese sotto il suo controllo, sta facendo quindi qualcosa di estremamente importante per il futuro di Israele.
Questa organizzazione, costantemente sotto attacco da parte di esponenti della destra e del centro, è stata oggetto di critiche ancora più severe dopo il convegno di New York.
I durissimi attacchi dei rappresentanti della destra e del governo israeliano includono un filmato calunnioso e contraffatto in cui soldati affiliati a «Breaking the Silence» collaborano con terroristi palestinesi. Ma proprio questi attacchi hanno creato una reazione positiva. Centinaia di docenti universitari israeliani hanno pubblicato una petizione a sostegno dell’organizzazione e a loro si sono uniti ex capi dei servizi di sicurezza, ex generali e alti ufficiali dell’esercito. Non a caso quindi i rappresentanti di «Breaking the Silence» hanno pubblicato un’ironica lettera di ringraziamento per il primo ministro Benjamin Netanyahu che, con i suoi sfrenati attacchi, ha suscitato un’ondata di sostegno senza precedenti per la loro associazione.
Ma i guai per la destra israeliana non finiscono qui. In Israele è stato pubblicato un altro video (vero, questa volta), che ha scioccato molti suoi esponenti, sempre così certi di essere dalla parte del giusto.
Traduzione di Alessandra Shomroni