martedì 15 dicembre 2015

La Stampa 15.12.15
La soddisfazione di Renzi
“Piena sintonia con gli Usa”
Il premier: visto? Non siamo deboli sulla scena internazionale
di Fabio Martini


In queste ore a palazzo Chigi i radar sono dispiegati soprattutto per intercettare notizie e anticipazioni sulla Banca Etruria, ma ieri sera le parole del presidente degli Stati Uniti (che ha inserito l’Italia tra i Paesi già impegnati in prima linea nella lotta all’Isis), hanno riempito di soddisfazione Matteo Renzi. Nessun comunicato ufficiale ma parole informali di compiacimento: «Con gli Stati Uniti c’è una forte intesa, una sintonia piena ed operativa. Con buona pace di chi vorrebbe un’Italia debole sulla scena internazionale: si rassegnino all’evidenza».
Nel commento a caldo, sia pure informale, Renzi valorizza la sintonia con gli Stati Uniti. Non a caso. Per il presidente del Consiglio, l’asse con gli Usa è decisivo: sino a quando Obama non dovesse decidere una improbabile escalation militare americana, la posizione «attendista» dell’Italia avrà una copertura autorevolissima. Ecco perché nelle ultime settimane Renzi ha moltiplicato le esternazioni con le quali ha fortemente elogiato gli Stati Uniti e il presidente Obama, in particolare per il sostegno dato all’Italia per il rientro nel tavolo sulla Siria.
L’apprezzamento americano nei confronti dell’Italia deriva anche da quello che Renzi definisce «il successo diplomatico» ottenuto in particolare dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: la rapida convocazione e poi attuazione della Conferenza internazionale sulla Libia, che si è svolta due giorni fa a Roma e che si è conclusa con un documento sottoscritto da ministri e inviati di 17 Paesi e da 4 organizzazioni internazionali, fra cui Ue e la Lega Araba.
Un documento nel quale si invitano tutte le fazioni ad accettare un «immediato cessate il fuoco» e a sottoscrivere l’accordo per un governo di unità nazionale. Alla conferenza ha partecipato il segretario di Stato americano John Kerry, che assieme a Gentiloni, è stato l’artefice della riuscita della Conferenza. Naturalmente che in Libia ci sia un governo stabile entro 40 giorni è una ipotesi possibile ma non scontata. Anche perché, come sanno bene i Servizi italiani che da tempo svolgono sul territorio libico un’azione molto preziosa anche per gli americani, l’Isis non soltanto controlla oltre 120 chilometri di costa, ma ha in mano anche aree strategiche del Paese come la regione di Sirte.
Davanti alla crescente pressione militare in Siria, un crescente numero di militanti e «dirigenti» dell’Isis si sta trasferendo in Libia e proprio questa penetrazione potrebbe aprire uno scenario militare al momento non ancora studiato nei dettagli. D’altra parte finora nessun segnale è arrivato a palazzo Chigi e alla Farnesina, ma nei prossimi mesi un eventuale impasse potrebbe indurre americani, britannici e francesi ad una escalation militare in Libia. A quel punto cosa farebbe Roma, che sempre rivendicato un ruolo nella transizione libica? Scenari lontani, per ora. Come dice Romano Prodi, a suo tempo invocato dalle tribù libiche come mediatore: «Lo sforzo diplomatico deve servire ad elaborare una strategia volta ad impedire che il fronte libico diventi il punto di riferimento principale del terrorismo mondiale».