La Stampa 13.12.15
La minoranza all’attacco: “Il Pd è diventato megafono del governo”
“Un centrosinistra senza centrodestra ma non faremo nessuna scissione”
si Carlo Bertini
Pierluigi Bersani resta defilato, non sale sul palco del Teatro Vittoria per non rubare la scena ai «giovani». Location disseminata ovunque di bandiere col simbolo Pd, per dire che qui il partito viene santificato e alla Leopolda ignorato. Così come qui viene ignorata la patata bollente del caso Boschi, ne parla Bersani su richiesta, «il ragionamento di Saviano è giusto e condivisibile, ma le sue conclusioni sono eccessive». Punto, «non aggiungo altro». Posizione condivisa da tutti, Speranza e Cuperlo convengono, nessuno cavalca il conflitto di interessi, anzi la linea è di far quadrato. Sono altri i cavalli di battaglia qui, dove si comincia negando che stia nascendo un correntone e che si voglia fare una scissione, «mai!». E si continua attaccando Renzi che ha fatto del Pd «il megafono del governo».
Lo spirito ulivista
A dare un sapore vintage (copyright dell’ospite Guerini), al summit della sinistra Pd è il cavallo di battaglia: un nuovo centrosinistra; che «non si costruisce col centrodestra», per dirla con Speranza. A Renzi si chiede di «invertire la rotta su evasione fiscale, adozioni delle coppie gay, reddito minimo, per evitare una rottura con un pezzo significativo del nostro mondo». Di costruire «ponti per vincere le amministrative e le politiche», con primarie che «possono essere un antidoto al partito della nazione».
«Va bene, faremo le primarie di coalizione, ok», scherza Guerini prima di salire sul taxi verso l’aeroporto, salutando Nico Stumpo. «Ci concedono solo quello che già c’è e non possono negare», gli fa eco con una risata il colonnello di Bersani. Dietro questo siparietto, nei giardini di piazza Santa Maria Liberatrice al Testaccio, di fronte al Teatro Vittoria che ospita le prove generali di una sinistra unita, si scorge il fantasma delle comunali di giugno che agitano tutti: nella minoranza nessuno è pronto a scommettere su come finiranno, non solo a Torino, Bologna, Trieste, sulla carta agevoli da riconquistare; tantomeno a Napoli e Roma dove le primarie si faranno in un clima da guerra civile.
Sinistra Italiana frena
Perché la sinistra fuori dal Pd, quella dei Fassina e D’Attorre riunita a duecento chilometri di distanza a Napoli, ormai ha preso la sua strada: con Vendola che benedice De Magistris e bolla Renzi come colui «che ha ucciso il centrosinistra». E se l’unico sistema per ricostruire un’alleanza «è battere Renzi e il renzismo», non stupisce che ci siano ovunque candidati autonomi, antagonisti di un Pd costretto a inseguire accordi di coalizione lì dove si può. E quindi se il centrosinistra è lacerato la colpa è di chi insegue la formula del partito Nazione che guarda al centro. «Il Pd non può negare la sua vocazione di essere l’architrave di un centrosinistra più largo di sè», dice Cuperlo, convinto sia questa la condizione «per vincere nelle città e nel paese». E se il dialogo è il filo rosso di questa convention è il discorso della Bonino il più applaudito, per come il concetto viene sapientemente declinato su tutti i temi, dal rapporto col mondo arabo alla sensibilità sui diritti civili che lega le culture politiche di Radicali e sinistra; fino alla sferzata sul partito «che non è una chiesa, non può rispondere da solo a tutte le domande» e deve avere il coraggio di parlare ad altri che la pensano diversamente.