sabato 12 dicembre 2015

La Stampa 12.12.15
Il vessillo nero sventola per noi
di Stefano Stefanini


La bandiera nera dello Stato Islamico sventola fra Tripoli e il confine tunisino. I fuoristrada di Isis sono entrati a Sabrata, come a Raqqa e a Ramadi, fra la passiva accoglienza dei locali, rassegnati al peggio.
Può darsi che l’anfiteatro romano affacciato sul mare rischi ora gli stessi scempi e commerci di Palmira e di altri siti siriani. Certo Isis non si farà scrupolo di rimpinguare le casse con la vendita di reperti archeologici e di un po’ propaganda col piccone.

L’Italia ha messo la cultura al centro dello schermo anti-Isis. La preoccupazione di perdere un altro pezzo del patrimonio dell’umanità tocca pertanto una corda sensibile. Non deve però distrarre dal nocciolo: cosa significa l’improvvisa comparsa di Isis 500 km a Est dalla roccaforte di Sirte? C’è una strategia di controllo del territorio o è succo di limone jihadista che scorre liberamente? È uno spostamento di baricentro verso il Nord Africa oppure un semplice proliferare di operazioni e affiliazioni che, nella debolezza delle fazioni libiche in guerra fra loro, favorisce lo Stato Islamico?
Con la stessa rapidità con cui è spuntato, Isis potrebbe ritirarsi e dileguarsi. Qualche decina di pick-up, su un terreno senza ostacoli naturali, si muove senza le pesantezze delle colonne militari convenzionali. I cieli sono sgombri: l’avanzata delle bandiere nere negli spazi libici non ha da temere i bombardamenti, che magari non sconfiggeranno Isis, ma l’hanno certo fermata in Iraq e in Siria. Così lo Stato Islamico è arrivato a Sabrata e presenta oggi più di una minaccia.
Innanzitutto, per la Libia e per le tenui prospettive di dialogo fra i due governi, quello di Tobruk e quello di Tripoli, e fra le varie fazioni. L’iniziativa dell’inviato speciale dell’Onu, Kobler, punta a dar vita a un governo d’unità nazionale che poi la comunità internazionale sosterrebbe. È quanto l’Italia attende dalla scorsa primavera. Con Isis sempre più forte sul terreno, il già fragile edificio della riconciliazione avrebbe le fondamenta nelle sabbie mobili. Bisognerebbe prima sradicare Isis – esattamente come in Siria. Più Isis allarga il controllo del territorio più il problema aumenta. Se la presenza a Sabrata diventa permanente, lo Stato Islamico si sarebbe piazzato a Ovest oltre che a Est dei centri di resistenza, Tripoli e Misurata.
Sulla linea del fuoco anche la Tunisia. Sabrata è a meno di 100 km dal confine; a meno di 200 da Djerba. La Tunisia, colpita quest’anno da due attentati che ne hanno scientemente preso di mira il potenziale turistico, è l’unica storia di successo delle primavere islamiche. Sta faticosamente e coraggiosamente costruendo democrazia ed istituzioni, con un’economia che stenta a riprendersi. Non è immune al fondamentalismo e al terrorismo dall’interno. Quanti turisti occidentali torneranno sulle spiagge tunisine con Isis al di là del confine? Se il contagio tracima in Tunisia, dove Isis ha quasi certamente simpatizzanti e quinte colonne, il Nord Africa si trova con un altro Stato a rischio.
Sulla carta geografica, l’arrivo di Isis a Sabrata non cambia molto per l’Italia. L’avvicinamento alla coste siciliane è trascurabile. Lo Stato Islamico non ha flotta; la minaccia terroristica non viaggia per mare. Cambia molto sul piano politico e strategico. Per tre motivi. Primo, mette in discussione la filosofia dell’attesa perché il passar del tempo non fa che rafforzare Isis: qual è la soglia che non gli si può permettere di superare? L’ingresso di pick-up a Tripoli? Il controllo di grandi tratti della costa? O nessuna è considerata tale da mettere a rischio l’Italia, protetta dal controllo del mare?
Secondo, cambia completamente lo scenario di qualsiasi futura operazione internazionale in Libia. La presenza di Isis sul terreno costringerà a robuste operazioni militari di «bonifica» (se non le vorremo chiamare di guerra).
Terzo, l’Italia va dicendo da mesi di essere pronta ad assumere la guida internazionale «per la Libia» e, a tal fine, di tenere in riserva le proprie risorse. Vi è una forte aspettativa internazionale di «cosa farà l’Italia in Libia». Come, quando e con chi: Nato, Ue o coalizione ad hoc? Improbabile che possa essere da sola, come fece la Francia in Mali, in una situazione molto meno critica di quella libica. Altre formule non esistono. È ora di pensarci. Non sono domande di oggi. Ma lo sventolare del vessillo nero di Isis sull’anfiteatro di Sabrata le rende più pressanti.