La Stampa 12.12.15
Lavrov a Roma offre aiuto
“Ma niente truppe sul campo”
Putin avverte gli islamisti: ho 35 nuovi missili nucleari
di Antonella Rampino
«Non abbiamo progettato raid in Libia, lavoriamo con il governo italiano per la soluzione della crisi». Il biglietto da visita col quale si presenta Lavrov a Roma, al bilaterale con l’omologo Gentiloni e poi nel botta e risposta con la platea di decisori e studiosi di tutta l’area del Mediterraneo alla conferenza Med2015 di Rina, rimette la Russia al centro delle crisi. È appena arrivata la notizia che il 16 in Marocco verrà firmata l’intesa tra Tobruk e Tripoli, nonostante i dissensi forti interni a entrambe le «capitali» libiche su un nuovo governo di unità nazionale, secondo il piano Leon appena passato intonso nelle mani del successore Kobler, che sarà a Roma con John Kerry proprio per il vertice convocato domenica sulla crisi libica. E quella frase di Lavrov significa una cosa chiara: il futuro governo di unità nazionale chiederà all’Onu la missione che la comunità internazionale attende da tempo, la Russia è favorevole. Ma da qui a pensare a un intervento militare, ce ne corre.
I piani, e di certo se ne saprà di più domenica, prevedono un intervento di stabilizzazione cui anche gli italiani parteciperanno, ma solo attraverso il supporto alla sicurezza. Stati Uniti e Gran Bretagna (qualcuno sussurra anche Italia) hanno già intelligence sul terreno, con il via libera dell’Onu arriveranno militari che aiuteranno le forze di Tobruk e Tripoli a stabilizzare il Paese. «Certo, quella in Libia è una scommessa», commenta con realismo una fonte diplomatica. Gentiloni ha sottolineato che l’avanzata dell’Is a Sabrata al momento non è confermata e Lavrov ha aggiunto che anche le informazioni da Sirte sono «conflittuali», l’Is nell’analisi del capo della diplomazia russa starebbe volutamente esagerando la portata della propria espansione in Libia «per reclutare sostenitori». Un po’ come quando Vladimir Putin evoca le armi nucleari (ieri ha parlato di «35 nuovi missili atomici»). Ma dal punto di vista della narrazione anche l’Occidente commette non pochi errori, come qui a Med2015 è stato spiegato in una delle più interessanti sessioni di lavoro.
Nessun intervento militare diretto è previsto in Libia, come dice Lavrov, né cambia la strategia per quel che riguarda la lotta all’Isis: anche lì, forze speciali e raid, ma a sostegno di forze locali sul campo. Ma niente «boots on the ground» occidentali: come ha lasciato intendere un paio di giorni fa il capo del Pentagono Ashton Carter, una battaglia è proprio quello che Isis vorrebbe: usa la guerra con l’Occidente per rafforzarsi nel mondo sunnita.
Disgelo Russia-America
Si intensificano invece, sperando che «la diplomazia sia più veloce dell’Isis» come dice Gentiloni, le trattative diplomatiche. Un vertice sulla Siria è in agenda lunedì sera a Parigi, in attesa che il tavolo sulla transizione siriana sia riconvocato (se tutto fila liscio, prima di Natale a New York), in vista del summit anti Isis di Roma all’inizio di febbraio. Ma intanto oggi arriva a Roma Kerry, che il 15 sarà a Mosca da Putin. La primavera nei rapporti russo-americani sbocciata al vertice di Vienna continua, ieri Lavrov concedeva perfino che «gli accordi di Minsk devono essere applicati, non può continuare la crisi profonda dello Stato ucraino». Di certo, se non si esce dalla Guerra Fredda a pezzi, difficile vincere quella vera contro l’Isis.