giovedì 10 dicembre 2015

La Stampa 10.12.15
A Milano Pisapia media
Altrove è gelo Sinistra-Pd
Verso un Election day comune delle altre primarie il 6 marzo
di Francesca Schianchi


Un appello «condivisibile», certo, ma che va rivolto a Sel, secondo il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini. Da Sel, però, è il coordinatore nazionale Nicola Fratoianni a ribattere che «è Renzi che lo deve accogliere». Morale, la lettera-appello di tre sindaci di sinistra – il genovese Marco Doria, il milanese Giuliano Pisapia e il cagliaritano Massimo Zedda –, scritta per invocare «l’unità aperta e larga del centrosinistra» e pubblicata ieri da «Repubblica», in teoria piace ai due attori principali dello schieramento, in pratica non mette in discussione di un millimetro le rispettive posizioni. Altro che «prospettiva del superamento delle attuali divisioni» come obiettivo delle forze di centrosinistra, come scrivono i tre primi cittadini: in vista delle amministrative di primavera, da Torino a Roma a Napoli i percorsi sono ancora lontani.
L’unica città in cui le strade sembrano convergere è Milano: lì, si è deciso per le primarie il 7 febbraio, e saranno larghe, «vere, di coalizione», dice il sindaco Pisapia, grande mediatore tra le diverse anime del centrosinistra meneghino, «si sono ricomposte le divergenze che c’erano state sulla data», ora chi firmerà la Carta dei valori si impegnerà «ad apprezzare il lavoro svolto in questi anni e, ovviamente, a sostenere il vincitore in caso di sconfitta». Un centrosinistra unito per provare a vincere ancora, perché le recenti elezioni francesi sono «un ulteriore campanello d’allarme»: «A Milano e nel Paese, il centrosinistra vince unito», e diviso perde, «come ha dimostrato la Liguria». Lui ancora non fa sapere chi sosterrà, anche se tutti conoscono la sua preferenza per la vicesindaco Francesca Balzani, che dovrebbe annunciare a breve la candidatura. Mentre i vertici del Pd sostengono il manager di Expo, Giuseppe Sala, non amato nelle fila di Sel: se vincesse lui le primarie toccherebbe sostenerlo, «se accettiamo lo schema delle primarie poi è inevitabile starci fino in fondo», concede il capogruppo alla Camera, Arturo Scotto.
Condizioni che non si vedono in altre città: a Torino «non vedo la possibilità di ricucire con Fassino», elenca Scotto; a Napoli «bisogna ripartire da De Magistris», a Roma «la fine di Marino ha scavato un solco che mi sembra difficile recuperare». A dare la misura della distanza ci pensa Fratoianni, che chiede al Pd nientemeno che di rinnegare il Jobs act, la riforma della scuola e della Costituzione e la legge elettorale, praticamente tutta l’azione di governo, «e noi saremmo pronti come in ogni occasione a sederci a un tavolo e a discutere». L’appello «va rivolto in primo luogo a chi, segnatamente Sel, ha deciso di non confermare l’alleanza in alcune città come Torino e Bologna», è la risposta dal Pd di Guerini. Loro, i democratici, fisseranno nel corso di una Direzione da tenersi nella seconda settimana di gennaio la data dell’election day per le primarie: probabilmente sarà il 6 marzo, abbastanza lontano da costruire le candidature, ma un po’ meno del 20 marzo indicato inizialmente da Renzi. Che ieri ha lasciato reagire all’appello all’unità del centrosinistra i vicesegretari, mentre lui tramite la sua newsletter ha rilanciato la Leopolda, «non un’iniziativa targata Pd» in programma questo fine settimana a Firenze, invitando tutti i parlamentari dem, «chi di voi vuole esserci è il benvenuto»: «Dal segretario del Pd non mi aspetterei la promozione di iniziative di corrente», la risposta piccata del senatore della minoranza Miguel Gotor. E dire che Renzi aveva appena chiesto di non perdere tempo a parlare di «primarie e discussioni correntizie».