Il Sole Domenica 13.12.15
Henri, collezionista di Renoir e Picasso
Il maestro francese riempì le sue case di oggetti d’arte primitiva e orientale. E di tele di pittori dell’800 e del ’900
di Claudine Grammont
La collezione di un artista ne accompagna l’opera, la alimenta e le fa in qualche modo da eco. Quella di Matisse è stata innanzi tutto una raccolta di oggetti alquanto eterogenea, costituita - a eccezione per i dipinti - da manufatti piuttosto modesti provenienti da orizzonti geografici diversi, ma riconducibili essenzialmente a due principali matrici culturali: l’Oriente e l’arte primitiva. Per quanto riguarda il primo, il pittore risulta interessato tanto all’arte islamica (tappeti, tessuti o ceramiche) quanto a quella bizantina, giapponese o cinese. Per quanto concerne la seconda, è noto che, insieme a Derain, Vlaminck e Picasso, Matisse è stato uno dei primi ad apprezzare la valenza estetica dell’arte primitiva.
La collezione iniziò a formarsi intorno al 1900. Matisse aveva appena lasciato lo studio di Gustave Moreau all’Accademia di Belle Arti e frequentava le gallerie, soprattutto quelle di Durand-Ruel, celebre mercante d’arte degli impressionisti, e di Ambroise Vollard, dove tenne la sua prima personale nel 1904. A quest’epoca, l’artista vendeva molto poco, dunque aveva disponibilità limitate. Gli acquisti erano allora in linea con le sue personali ricerche. Presso Vollard comperò per 150 franchi il Busto di Henri Rochefort di Rodin appartenuto a Manet e da Durand-Ruel acquistò due lavori a pastello di Odilon Redon. Nel 1900 comperò da Vollard il Ragazzo con fiore di tiaré di Gauguin del quale si avverte un’eco lontana e personale nella scultura matissiana del 1930, Il tiaré. In seguito l’artista avrà modo di perfezionare la sua conoscenza dell’opera di Gauguin, la cui lezione ? insieme a quelle di Van Gogh e di Cézanne ? si sarebbe rivelata per lui fondamentale nella fase fauvista.
L’attenzione portata alla genesi formale dell’opera anima già la piccola collezione di Matisse, che già nel 1899 entra in possesso delle Tre bagnanti di Cézanne, destinate a divenire il suo dipinto portafortuna. Particolarmente significative si rivelano le circostanze dell’acquisto. Da qualche tempo il pittore nutriva mire su Van Gogh, di cui già possedeva alcuni disegni a inchiostro. In particolare lo interessava l’Arlesiana (probabilmente la versione del museo di San Paolo) ma non ebbe il tempo di decidere sul da farsi: lo scaltro Vollard triplicò il prezzo del dipinto passando da 150 a 500 franchi. Sfumata l’Arlesiana, in occasione di una visita da Vollard, Matisse decise di acquistare una versione degli Alyscamps, ma il suo sguardo si posò anche sulle Tre bagnanti. Tornato a Tolosa, dove soggiornava dopo la nascita del figlio, ripensò intensamente al dipinto di Cézanne. Ripresentatosi alla galleria di Vollard acquistò così le Tre bagnanti, il suo primo Cézanne, per 1.200 franchi. «Se Cézanne ha ragione, io ho ragione» dirà. A volte, quando terminava un dipinto, gli bastava accostarlo alle Bagnanti della sua collezione per avere la certezza di aver raggiunto lo stesso grado di spazialità.
A quest’epoca e più avanti durante la fase fauvista, si registrarono numerosi scambi con gli amici artisti con cui Matisse era in rapporti. Tra questi vi erano i vecchi compagni dello studio di Moreau, in particolare Albert Marquet, di cui il pittore già possedeva alcuni paesaggi e celebri schizzi di figure a inchiostro. Paul Signac, con il quale aveva lavorato durante l’estate del 1904 a Saint-Tropez, acquistò da Matisse per la sala da pranzo della propria casa Lusso, calma e voluttà e gli offrì in cambio una delle sue vedute di Venezia. Presso Signac, Matisse conobbe nel 1904 Henri-Edmond Cross, che diverrà suo amico e confidente fino alla morte. Nel 1904, Cross donò a Matisse Fattoria al mattino. Nell’aprile 1905 Matisse gli dedicò una veduta dei giardini del Lussemburgo «a testimonianza di una profonda simpatia» e a fine maggio gli regalò anche Tulipani pappagalli I.
Decisivo fu l’incontro con André Derain intorno al 1901, poiché da questo scambio artistico e intellettuale ebbe origine, tra il 1905 e il 1907, un insieme di opere che rappresentano la quintessenza dell’estetica fauve. Durante l’estate del 1905 - che i due artisti trascorsero insieme a Collioure - vedranno la luce quei paesaggi inondati di luce che ben conosciamo, e avrà luogo un evento altamente simbolico: Derain donerà a Matisse il ritratto che di lui aveva eseguito proprio quell’estate.
Ma tra gli scambi di allora, il più celebre fu quello che avviene nell’autunno del 1907 tra Matisse e Picasso. I due artisti già si conoscono bene per essersi incontrati più volte presso i loro collezionisti comuni, gli Stein. La rivalità, a suon di dipinti, si era già espressa concretamente in un botta e risposta tra Gioia di vivere e le Demoiselles d’Avignon. I due si accordarono per uno scambio di cui ignoriamo le circostanze precise: Matisse ricevette da Picasso una natura morta appena dipinta, Vaso, scodella e limone e Picasso ottenne in cambio il Ritratto di Marguerite. Gertrude Stein racconterà in seguito che ciascuno avrebbe scelto il dipinto più insignificante dell’altro, a dimostrazione della mediocrità del rivale. Per quanto verosimile, questa interpretazione così cinica non è che una brillante trovata della Stein. Picasso sapeva infatti che il Ritratto di Marguerite era un’opera-chiave di Matisse.
La firma di un contratto con la galleria Bernheim-Jeune nel 1909 e le commessioni da parte dei collezionisti russi Schukin e Morozov garantirono a Matisse, a partire dal 1910, una certa sicurezza economica. Nel 1909 il pittore si trasferì in una dimora a Issy-les-Moulineaux e da quel momento la collezione si ampliò e i visitatori che frequentano numerosi la casa di Issy rimasero spesso colpiti dall’insolita raccolta di manufatti primitivi, di quadri di Matisse e di altri. Durante la Prima guerra mondiale, l’artista si accostò agli ambienti cubisti o cubofuturisti; in particolare frequentò Juan Gris, da cui ricevette due opere, e Gino Severini, al quale comperò un dipinto per aiutarlo a pagare l’affitto. Nel settembre 1915 la sua collezione si arricchì di un’opera particolarmente significativa: Barche ormeggiate e alberi, un piccolo pannello realizzato da Seurat nel 1890 che Matisse collocò nel suo studio accanto a un dipinto di modeste dimensioni di Cézanne, Piatto di pesche, acquistato nel 1911, e a una riproduzione della Lotta di Giacobbe con l’angelo di Delacroix. Sempre durante la guerra Matisse acquistò due ritratti della signora Cézanne e un grande paesaggio quasi astratto dell’ultimo periodo, Rocce in prossimità delle grotte sopra lo Château-Noir, completando in tal modo la propria collezione di opere del maestro di Aix.
A partire dal 1917, Matisse rivelò nei suoi acquisti una netta predilezione per Auguste Renoir e Gustave Courbet, fece visita a Monet a Giverny e frequentò assiduamente il vecchio Renoir a Cagnes. Il pittore raccolse una decina di dipinti di Renoir, di cui alcuni acquistati quando l'artista era ancora in vita, altri comprati dalla famiglia dopo la morte del maestro nel 1919. Tra il 1916 e il 1919 l’artista riuscì a riunire nella sua collezione anche una dozzina di opere di Courbet tra dipinti e disegni, acquistati presso Bernheim-Jeune, Barbazange o direttamente da Madame de Tastes. Alcune fotografie dello studio di place Charles-Félix, dove Matisse si trasferì nel 1921, mostrano le varie disposizioni degli oggetti della sua collezione.
Trascorsa questa fase, Matisse acquisterà solo pochissime opere di contemporanei, interessandosi piuttosto ai manufatti africani o dell’Oceania e ai libri rari. Ma tra il 1934 e il 1937, grazie a suo figlio Pierre, mercante d’arte a New York, si accostò all’opera di Miró, acquistando una Composizione del 1926. E nel 1946, folgorato da una mostra di sculture “mobili” e “stabili” di Calder alla galleria Carré, sognò di comprarne una. La sua collezione si arricchì ancora di dipinti di Braque e di Soutine, di nuovi Picasso (frutto di scambi). Nel 1951 Matisse ricevette infine in prestito da Picasso il grande Paesaggio d’inverno del dicembre 1950. Matisse raccontava di come, al suo arrivo a Parigi agli inizi del Novecento, girando tra i rigattieri si sentì dire da uno di loro: «Idiota, perché collezioni? Se ami le cose belle vai al Louvre e tutto ciò che ti piacerà sarà tuo».