martedì 8 dicembre 2015

Il Sole 8.12.15
L’Europa nella morsa dei populismi
In una ventina di Paesi i partiti più radicali hanno raccolto almeno il 10% dei voti alle ultime elezioni
di Beda Romano


Bruxelles Non c’è quasi paese in Europa che non debba fare i conti con partiti radicali, a destra come a sinistra. Il successo alle elezioni regionali del Fronte Nazionale in Francia non è che l'ultimo segnale di una lunga serie. Qui a Bruxelles c'è evidente preoccupazione per i risvolti che questa tendenza ha e avrà sul funzionamento dell'Unione. Peraltro, il 2016 è un anno elettorale in Europa, con elezioni politiche in cinque paesi, di cui quattro in una Europa dell'Est spesso poco europeista.
Secondo le più recenti statistiche, in una ventina di paesi dell'Unione i partiti più radicali hanno raccolto alle ultime elezioni nazionali oltre il 10% dei suffragi, secondo una ricerca del centro studi inglese Open Europe. Attualmente, i partiti più radicali, siano essi euroscettici o nazionalistici – per non usare la parola connotata e imprecisa di populisti – governano in almeno sei paesi dell'Unione: la Grecia, la Finlandia, la Polonia, l'Ungheria, la Lituania, e la Slovacchia.
«La verità è che segmenti importanti delle società occidentali non hanno beneficiato della globalizzazione. I partiti radicali offrono loro presunte soluzioni», spiega un responsabile europeo. «Il problema del populismo – aggiunge un altro responsabile europeo – è che ha un impatto politico anche quando il partito che incarna questo pensiero non è al potere. In tutti i paesi o quasi, i partiti più tradizionali tendono a cavalcare gli stessi temi nella speranza di rassicurare gli elettori ed evitare un travaso di voti».
La Commissione Juncker è arrivata al potere alla fine del 2014 affermando di volere imporre all’Unione un passo avanti decisivo nell’integrazione europea, pur di dare una risposta concreta alle sfide economiche e sociali del continente. «La verità è che in tutti i paesi o quasi si nota la tendenza ad atteggiamenti nazionalistici – spiega un diplomatico europeo - . Ciò è vero nella gestione della crisi greca, ma soprattutto nell’emergenza provocata dall’arrivo di rifugiati dal Vicino Oriente».
Dopo mesi di negoziato, i Ventotto hanno accettato di redistribuire in tutta Europa 160mila migranti arrivati in Grecia e in Italia. A circa tre mesi da quando la decisione è stata presa, sono pochissimi i profughi che hanno trovato una nuova patria. Il nazionalismo sta complicando lo stesso governo dell'Unione europea che si basa sulla ricerca di un terreno comune tra i Ventotto. Il compromesso è al ribasso proprio in una fase in cui le soluzioni dovrebbero essere più federali e meno confederali.
Sono almeno due i motivi per cui i partiti più radicali hanno successo.
Prima di tutto, la crisi finanziaria sta lasciando strascichi di insoddisfazione per come l'establishment politico affronta i problemi economici e sociali. Chiamati a ridurre i costi e a risanari i bilanci, i governi nazionali devono imporre sacrifici sempre più impopolari. In questo contesto, a crescere è anche la disaffezione nei confronti di una Europa, a cui vengono attribuite molte delle difficoltà.
Un sondaggio Eurobarometro pubblicato la settimana scorsa per conto del Parlamento europeo ha mostrato che l'opinione dell’Italia nei confronti della costruzione europea non è entusiastica. Il 55% degli italiani «non è interessato agli affari europei» (rispetto a una media europea del 45%). Il 51% degli italiani «non si sente legato all'Unione europea» (la quota media in Europa è del 47%). Solo il 40% degli italiani pensa che appartenere all'Unione sia «un bene» (la media europea è al 55%).
Anche il Nord è in crisi. Dopo una raccolta di firme, il Parlamento finlandese dibatterà dell’adesione all’euro. Spiega il deputato Paavo Vayrynen: «Dal 2008 la Svezia è cresciuta dell'8%, mentre noi ci siamo contratti del 6%». Al di là della crisi, ed è questo il secondo motivo del successo dei partiti più radicali, i partiti tradizionali non riescono a convincere gli elettori della loro specificità, anche per la scelta di cercare al centro la Neue Mitte o la Third Way, cancellando le differenze tra destra e sinistra.
Si capisce la preccupazione di Bruxelles per il futuro della gestione pratica dell'Unione: nel 2016 si voterà in molti paesi. In Germania, un paese nel quale le paure dell'integrazione di migliaia di rifugiati ha spinto nei sondaggi il partito Alternative für Deutschland al 10%, si voterà a Berlino, nel Meclemburgo-Pomerania Occidentale, nel Baden-Württemberg, nella Renania-Palatinato, e nella Sassonia-Anhalt. Elezioni legislative si terranno in Lituania, in Slovacchia, in Romania, in Irlanda e nella Repubblica Ceca.