martedì 8 dicembre 2015

Il Sole 8.12.15
Microcosmi. Nella “Lampedusa del Nord” metà dei cittadini ha votato Fn
Calais, l’ex bastione comunista diventato «giungla» dei migranti
di Marco Moussanet


Parigi Una volta, quando erano quattro gatti, rimanevano in disparte, quasi intimoriti. Domenica sera gli elettori del Front National erano invece numerosi e in prima fila, nella hall del municipio di Calais, a veder scorrere sullo schermo i risultati del primo turno delle elezioni regionali. Esultanti. In città l’estrema destra ha ottenuto il 49,1%, quasi la metà dei 25mila votanti (su 73mila abitanti e 51mila aventi diritto). Il lungo capitolo di Calais bastione rosso, durato 37 anni, è definitivamente chiuso.
Il primo colpo era arrivato già nel 2008, quando la destra aveva conquistato il Comune strappandolo appunto al partito comunista. Poi è arrivata Marine Le Pen, che ha basato il proprio quartier generale in regione non molto lontano, a Hénin-Beaumont (dove domenica ha ottenuto il 59,4% dei voti). Ed è iniziata un’avanzata inarrestabile: 25,7% alle presidenziali del 2012, 31,7% alle europee del 2014, 42,4% alle provinciali d’inizio anno. Fino a sfiorare appunto il 50 per cento. Con i comunisti al 5,3 per cento.
Brandon, studente diciottenne di un istituto professionale, ha votato per la prima volta. Ovviamente la Le Pen: «Con gli immigrati è un disastro. La gente non ne può più. Se il Front National vince finalmente li manderà via, rimetterà le cose a posto». Sarah, 45 anni, ha votato per Sarkozy nel 2007 e per Hollande nel 2012. «Ma non è cambiato nulla», commenta. «Mentre sono sicura che se vince, la Le Pen si occuperà finalmente di noi. Oggi, quando andiamo in giro, non ci sentiamo più sicuri».
Già, perché ormai chi dice Calais dice “giungla”. Come viene abitualmente chiamata l’immensa baraccopoli sorta poco lontano, lungo la strada che conduce al porto e al terminal dell’Eurostar, il treno che collega Francia e Gran Bretagna sotto la Manica. Afghani, siriani, etiopi, eritrei, iracheni. Cinque o seimila disperati, nessuno sa esattamente quanti, che sopravvivono sotto le tende e nelle baracche di una bidonville che non ha eguali in Europa. Senza elettricità, con una rete fognaria da terzo mondo e condizioni igieniche spaventose (proprio in questi giorni si sta cercando di arginare un’epidemia di scabbia).
Da qui, dalla giungla, ogni notte partono a centinaia per cercare di salire su un traghetto, un treno, un camion e raggiungere l’Inghilterra. Perché molti parlano inglese, perché ritengono che “dall’altra parte” ci siano meno controlli, sia più facile trovare lavoro. Ne sono già morti 12, dall’inizio dell'anno. Ma ogni notte ci riprovano, passando dai mille varchi della recinzione, inseguiti spesso invano da 1.800 poliziotti, con i quali non di rado scoppiano violenti tafferugli.
Una terra di nessuno dove prospera la criminalità. Quella delle organizzazioni che vendono la speranza di un posto su un Tir, quella delle bande che controllano i mercati della droga e della prostituzione, ma anche la piccola criminalità che dalla “giungla” si espande verso e dentro Calais.
Lo scorso 2 ottobre, in un comizio, la Le Pen ha parlato di «città martire», «assediata», costretta a vivere «una situazione apocalittica». Parole che due giorni fa si sono puntualmente trasformate in voti.