Il Sole 4.12.15
Migranti. Atene attiva gli aiuti che le permetteranno di dispiegare le guardie europee di frontiera
La Grecia accetta l’aiuto di Frontex
In caso contrario i partner minacciavano di espellerla da Schengen
di Beda Romano
Bruxelles La Grecia è tornata improvvisamente d’attualità, non per lo stato della sua economia, ma per come sta (mal) controllando le frontiere esterne dell’Unione. Da giorni, i partner Ue rumoreggiano, minacciando nei fatti il ritorno dei controlli di identità ai confini nello spazio Schengen. Ieri, nel tentativo di allentare la pressione, il governo greco ha chiesto ufficialmente l’assistenza comunitaria, come suggerito da più parti negli ultimi tempi.
«Speriamo che i nostri partner faranno offerte generose, anche alla luce del malcontento attuale», ha spiegato in una conferenza stampa ad Atene il ministro dell’immigrazione Ioannis Mouzalas, annunciando la richiesta di attivazione del meccanismo europeo di protezione civile così come del programma Rabit per il dispiegamento di guardie-frontiera di altri paesi membri. La Grecia è accusata di non controllare a sufficienza i propri confini, permettendo a migliaia di profughi di entrare nell’Unione.
Mouzalas ha chiesto l’invio di «ambulanze, camion, carburante, containers, tende e coperte», e «soprattutto personale per inquadrare (…) gli hotspot». La scelta è giunta dopo che un documento in vista della riunione di oggi dei ministri degli Interni è stato oggetto di fughe di notizie. Nel rapporto, si cita la possibilità di reintrodurre i controlli alle frontiere nello Spazio Schengen per un periodo più lungo di quanto sia possibile attualmente (oggi i controlli sono in vigore in Germania, Francia, Malta, Svezia, Austria).
Nella relazione, la presidenza lussemburghese dell’Unione prende atto del fatto che la reintroduzione dei controlli è possibile solo in via temporanea, e per un massimo di sei mesi. «Nei fatti, dal marzo dell’anno prossimo, non sarà possibile rinnovare le scelte prese in queste ultime settimane da alcuni governi», spiega un funzionario europeo. In questo contesto, il Lussemburgo ha proposto in questo documento l’attivazione dell’articolo 26 del Codice Schengen.
Questa norma prevede che controlli possano essere reintrodotti per due anni in uno o più paesi, su proposta della Commissione. La fuga di notizie, sul Financial Times, è stata un modo per fare pressione sulla Grecia, lasciando aleggiare la possibilità di escludere nei fatti il paese dallo Spazio Schengen: «Molti paesi sono frustrati per come Atene ha gestito finora la situazione: senza fare abbastanza e senza chiedere aiuto», spiegava mercoledì un diplomatico, ricordando l’idea olandese di mini-Schengen.
Controllare le frontiere greche è difficile, per via delle molte isole. Al tempo stesso, molti rimproverano ad Atene numerose inefficienze e la ritrosia (nazionalista?) dimostrata finora nel chiedere sostegno europeo. «Progressi tangibili sono necessari nelle prossime due settimane», avvertiva ieri il portavoce della Commissione Margaritis Schinas, prima che Atene richiedesse l’aiuto europeo, riferendosi al consiglio europeo a metà mese, un momento di verifica cruciale sullo stato di salute dello Spazio Schengen.
Oggi i Ventotto potrebbero chiedere a Bruxelles di fare una proposta ai sensi dell’articolo 26 del Codice Schengen. Spiegava, tuttavia, già mercoledì, un diplomatico: «Il picco della crisi mi sembra superato tenuto conto delle misure adottate da Atene». Sempre ieri, Atene ha raggiunto anche un accordo di cooperazione con Frontex. Reintrodurre i controlli ai confini Schengen permetterebbe di meglio controllare l’arrivo di profughi, ma sarebbe anche un segnale pessimo per il principio della libera circolazione.
Allo studio dei ministri degli Interni sarà oggi anche il meccanismo permanente di ridistribuzione dei migranti arrivati nell’Unione. Non è previsto alcun accordo, tenuto conto di come sia controverso il progetto della Commissione. Proprio ieri, l’Ungheria ha annunciato un ricorso alla Corte europea di Giustizia contro il sistema provvisorio di ricollocamento dei richiedenti l’asilo approvato in estate dall’Ue. Il ricorso ungherese segue quello slovacco.