venerdì 4 dicembre 2015

Il Sole 4.12.15
La normalità del nemico mortale
di Mario Platero

C’è qualcosa di spaventevole e incontrollabile nell’eccidio terroristico di San Bernardino: siamo entrati nell’era del nemico invisibile, peggio, degli “zombie”, dei morti che camminano, dei mostri che si mimetizzano indisturbati fra noi e che colpiscono all’improvviso, presi da un raptus incurabile.
Come spiegare altrimenti la furia omicida/suicida che abbiamo visto in America? Come spiegare la storia di un giovane di 28 anni che guadagna 70mila dollari all’anno, con una figlia di appena sei mesi e una casa in uno dei posti più belli del mondo che si trasforma, con la moglie, in un’altra persona? Come è possibile che questi due, simbolo apparente della famiglia tipica da sogno americano, partano insieme per uccidere sapendo che saranno uccisi? E che lo facciano senza destare sospetto in nessuno?
Sono questi i veri interrogativi con cui si confrontano oggi sociologi, psicologi, esperti di criminalità e di antiterrorismo, perché tutto, ma davvero tutto in quello che è successo a San Bernardino non ha precedenti, ci lascia spaesati, vulnerabili, incerti su chi si celi davvero dietro il volto buono del nostro vicino. Questo senso di vuoto lo abbiamo letto nello sguardo di Farhan Khan, il cognato di Syed. Si erano visti appena una settimana fa. Si vedevano spesso in famiglia. Vivevano tutti vicini, madre, fratelli e sorelle a pochi isolati gli uni dagli altri. Eppure nessuno sapeva o sospettava che nella casa della giovane coppia ci fosse un arsenale militare fatto di fucili, pistole, materiali per costruire bombe, armi automatiche e migliaia di munizioni.
È agghiacciante pensare che i due genitori abbiamo dato la bambina alla nonna prima dell’eccidio, dicendo «andiamo dal dottore». Le tute mimetiche nere, usate per la missione, sanciscono sul piano simbolico il passaggio dalla condizione “normale” a quella di “zombie”. La cosa che più colpisce nelle parole di Khan quando descrive il cognato è proprio l’aspetto “normale”, “sorridente e normale”. E allora dobbiamo chiederci: come riusciremo a individuare in questa normalità il nemico mortale? È davvero pensabile come suggeriscono alcuni impostare programmi educativi, di comunicazione o sociali per cambiare la testa di persone che nascono e vivono con noi ma sono pronte ad ucciderci? La risposta, dopo San Bernardino, deve essere provocatoria, deve essere negativa, se non altro per aumentare il livello di guardia. Purtroppo non abbiamo per ora alternative se non quelle di essere in un continuo stato di allerta, di diffidare persino della normalità. Ma qualche indizio in più dopo quello che è successo in America, lo abbiamo.
Syed Rizwan Farook aveva conosciuto sua moglie Tashfeen Malik, 27 anni, su un sito per giovani single. Lei era nata in Pakistan, ma si era trasferita con la famiglia in Arabia Saudita. Lui, nato in America ma di famiglia pakistana, era andato a conoscere la famiglia di lei in Arabia Saudita chiedendola in sposa. E aveva promesso con il suo lavoro, con la sua famiglia, alla quale era molto attaccato, il sogno americano. Ci sono poi stati dei viaggi in Arabia Saudita e dei possibili contatti con gruppi estremisti islamici. La pista aperta, quella più temibile, come ci avevano anticipato appena giorni fa ad Antalya alti funzionari della Casa Bianca, è quella del cane sciolto, della persona in apparenza normale che imbraccia un mitra e spara all’improvviso. Il cane sciolto viene indottrinato e agisce in solitudine o, come in questo caso in coppia. Sono identificabili? No, se non all’ultimo momento quando è troppo tardi.
È questo il mondo a cui purtroppo, dovremo abituarci a convivere per qualche tempo, augurandoci che non vada a finire come nei film dell’orrore. Nel suo classico film del 1932, “White Zombies” “Gli Zombie Bianchi”, Victor Halperin descrive gli zombies come individui privi di coscienza e di mente, sono assassini incapaci di pensare o di capire, colpiti dalla maledizione di un mago che rappresenta le forze del male. Per questo con gli eventi di San Bernardino non siamo lontani dalla fantascienza. Auguriamoci che si sia trattato dell’eccezione. Che la maschera possa cadere prima che lo “zombie” o il nemico invisibile diventino davvero il “nuovo normale”.