venerdì 4 dicembre 2015

Repubblica 4.12.15
L’arsenale
Negli Usa ci sono più grilletti che cittadini. E potrebbero finire nelle
mani di cellule radicali e violente
Nei fast food delle Colt armi facili per i terroristi e ora l’America si scopre vulnerabile
di Vittorio Zucconi


IN principio era l’arma, in principio è sempre l’arma, l’alfa e l’omega della follia che diventa omicidio. Risalendo il labirinto insanguinato dell’odio, che sia esso politico, personale, ideologico, religioso o razziale, il “big bang” che genera la morte sono sempre quella pistola, quel fucile, quel mitra che l’assassino imbraccia allungando la mano, in un oceano di strumenti di sangue. Dai liceali di Columbine al massacratore di consultori familiari in Colorado, da Adam Lanza che abbattè bambini e insegnanti in una scuola elementare a Sayed e Tafsheen Faruk in California, gli stragisti di invalidi e bambini disabili a San Bernardino, il punto di intersezione e lo strumento di realizzzione delle follie sono quegli strumenti di massacri di massa che inondano la società americana come “fast food” per killer. Se qualcuno ha fame di morte, ci sono 347 milioni di armi per 310 milioni di abitanti pronte a soddisfare il suo appetito.
Criminologi e islamologi, esperti di terrorismo e specialisti in sicurezza stanno frugando nella vita di quest’uomo e di questa donna, nessuno dei quali era arabo, per cercare le solite chiavi di interpretazione e di strumentalizzazione politiche, ma i dati raccontano nella loro freddezza raggelante la realtà di un’America dove il terrorismo, che è volontà di uccidere e intimidire, precede e accompagna anche le azioni organizzate da bande di esaltati mistici. Trentatremila persone, dunque dieci volte le vittime delle Torri Gemelle, sono state uccise a fucilate o rivoltellate nel 2013, l’ultimo anno censito dallo Fbi e dal Centro per il Controllo delle Malattie di Atlanta. E se ventimila sono individui che hanno puntato le armi contro se stessi, 11 mila sono i caduti per mano altrui.
Sono stati 355 i giorni di questo 2015 nei quali un cittadino americano, come il giustiziere di disabili indifesi a San Bernardino mercoledì sera, ha impugnato un’arma e ha sparato, più di un caso al giorno. E l’espressione “active shooter”, sparatore in attività, risuona ovunque, senza distinzione di stati, regioni, appartenenze etniche, convizioni politiche o religiose, nelle radio delle auto pattuglie. Così frequente, così normale, così atteso è l’allarme per un “active shooter” che la risposta delle autorità di pubblica sicurezza è ormai fulminea. Quanto inutile.
Nell’istituto dove Sayed e la moglie Tafsheen sono entrati armati come Rambo per mietere vite che non avevano altra colpa che quella di essere vulnerabili nella loro dolente mitezza, le polizie sono piombate mentre ancora i due scorrazzavano negli edifici. In 14 minuti dal primo allarme, attorno alle due basse palazzine che ospitavano una riunione di ricoverati, di famiglie, di educatori, di assistenti, si erano concentrati: la polizia della città di San Bernardino; gli sceriffi della Contea; gli agenti dei servizi di controllo dei detenuti in libertà condizionata; gli “special agent” dello Fbi; gli artificieri dello Swat con i robot anti bomba; gli Us Marshals, e, per suprema ironia, gli uomini e le donne dell’Aft, l’agenzia federale che dal 1886 dovrebbe bloccare il contrabbando di esplosivi, tabacco, alcool e armi, con evidente insuccesso. Non c’era bisogno di più poliziotti, mercoledì a San Bernardino. Ci sarebbe stato bisogno di meno armi.
Un’armada inutile, se non nella caccia e nella cattura dei presunti colpevoli, chiamata a combattere una guerra che, ha scritto ieri il Washington Post, «non può essere vinta». È semplicemente impossibile, materialmente impensabile, disporre di forze per reprimere o prevenire, reati violenti che la falsa equazione fra “più armi= più sicurezza” rende irrisolvibile. I pochi leader politici ancora lucidi, o abbastanza indipendenti dal ricatto degli armaioli per domandare, come fa molto timidamente Obama e come tenta di dire, altrettanto timidamente, Hillary Clinton sanno di andare a sbattere non soltanto contro il Culto della Colt che intossica la cultura americana, ma contro le inappellabili sentenze della Custode della Costituzione, la Corte Suprema. Nel 2008, fu la Corte a stabilire categoricamente che nessuno stato, contea, municipalità può negare ai cittadini americani il diritto di possedere armi.
In questo, Sayed, americano per nascita e Tafsheen, americana per matrimonio, sono perfetti cittadini americani, non corpi estranei trapiantati da virus maligni infiltrati nel tessuto della principale democrazia dell’Occidente. Prima ancora di cadere nella mistica assassina e demente del martire per la grandezza del loro Dio, questi immigrati dall’Asia musulmana si erano appropriati di una fede più elementare, ma altrettanto tenace e protetta dal Santo Uffizio della religione civile americana. Sono l’arma, la pistola, il fucile d’assalto, quello che nelle sue cattedrali la National Rifle Association, la chiesa del divino caricatore, esalta come lo strumento finale di libertà, una Bibbia calibro 7.65 che potrà essere strappata dalle loro mani soltanto quando saranno “morte e fredde”, come declamava Charlton Heston, il Mosè delle armi.
Ovunque, come abbiamo visto a Parigi, il criminale può trovare un’arma. Ma in nessun’altra nazione che si vuole civile, tante armi possono trovare un criminale. Trentunmila omicidi all’anno con armi da fuoco, 355 attacchi e tentate stragi da parte di ragazzi bianchi, clochard, gangsters, studenti, insospettabili, persone “tranquille e normali” che decidono di fare di una sala cinematografica ad Aurora in Colorado una tonnara per umani, non sono terrorismo inedito, sono terrore permanente sulla canna di revolver che in qualsiasi istante, per qualsiasi motivo possono mettersi, nel gergo dei polizieschi a “cantare”. E se le cellule metastatiche dell’islamismo violento riuscissero a radicarsi negli organi di una società dove ogni demente ha a disposizione, per il costo di uno smartphone, un semiautomatico AR, corrispondente yankee dell’AK 47 russo, troverebbero arsenali inebrianti e “pret-a-porter” per la loro opera.
Paradossalmente, soltanto allora, soltanto se i vendicatori dell’Islam, o di qualche offesa personale vista come insulto alla Vera Fede, cominciassero a utilizzare l’arsenale popolare per sparare, qualche americano in più comincerebbe a rendersi conto di quale inutile strage il “Culto della Colt” abbia provocato e provochi. E di come non esista forza di polizia nell’intero pianeta, con finanziamenti senza fondo, che possa pensare di prevenire gli effetti di una guerra combattuta con 340 milioni di pistole, 60 milioni di carabine da guerra, 10 milioni di mitragliatrici. Soltanto la voce di una nazione strappata all’incantesimo letale dei proiettili e gettata nel panico da un criminale con un nome arabo o pakistano potrebbe scuoterla. Sayed e la sua compagna erano forse dementi, pazzi stravolti da ubricature ideologiche. Ma non più pazzi di chi, credendo di difendere la Costituzione, ha messo nelle loro mani le armi.