giovedì 3 dicembre 2015

Il Sole 3.12.15
Ai gazebo di Milano la scelta non solo di un candidato ma del «volto» del Pd
di Lina Palmerini


Un incontro andato “benissimo” diceva ieri Giuliano Pisapia dopo il colloquio a Palazzo Chigi con Renzi e con Francesca Balzani, sua vice al Comune e futura candidata per la sua sostituzione. Un entusiasmo ancora da verificare nelle sue conseguenze politiche ma intanto mette tutti d’accordo sul fatto che saranno le primarie a scegliere chi dovrà correre per il Pd nelle elezioni per il sindaco di Milano. E questa volta i gazebo non saranno chiamati a decidere semplicemente su un nome piuttosto che su un altro. Questa volta in ballo c’è la scelta tra due opzioni politiche alternative che riguardano il volto del partito, molto più che di una personalità.
Si sa che la candidatura di Giuseppe Sala, commissario Expo, evoca una formula nuova, quella che vuole calare nella realtà di una grande città un Pd che si apre al centro, al voto moderato, molto più che alla sinistra “arancione” che portò Pisapia alla vittoria nelle precedenti elezioni. E si sa che le candidature della Balzani così come quella di Majorino riflettono invece un’altra idea, ancorata alla formula bersaniana di una coalizione che guardi più a sinistra senza gettare ponti verso l’elettorato di centro-destra. E non è un caso se Sel, che pure era stato “azionista” della candidatura di Pisapia e che dunque potrebbe sponsorizzare e votare per la Balzani, ieri sia rimasto freddo rispetto alla partecipazione ai gazebo. La ragione è semplice: nel caso di vittoria di Sala sarebbero costretti – politicamente – ad accettare il verdetto e “sposare” una candidatura antitetica al progetto di centro-sinistra che hanno in mente.
Ecco quindi che i gazebo milanesi saranno un po’ come l’oracolo di Delfi. E una volta interpellati dovranno dare il responso su quale sia l’identità del Pd che più incontra il consenso dei milanesi. Con Sala nascerebbe il partito della nazione, dicono. Che per la verità, è già attivo e operante a Roma dagli uffici di Palazzo Chigi. Quello, per capirci, che il premier ha già messo in pratica con le misure inserite nella legge di stabilità: il taglio delle tasse sulla casa, i soldi per la sicurezza, l’aumento della soglia per il pagamento in contanti. Tutte norme che avevamo già visto ai tempi di Berlusconi e che Renzi – senza infingimenti e con sprezzo della tradizione – ha pure ammesso di aver copiato.
È vero che Milano potrebbe essere una storia a sé. È una città che, fatta eccezione per la parentesi Pisapia, ha sempre premiato il centro-destra. Nel ’93 legittimò la Lega facendo vincere Marco Formentini e da allora fino al 2011 il centro-sinistra non ha toccato palla nella città che è la capitale economica d’Italia. Il progetto politico che Sala incarnerebbe ha quindi senso. A maggior ragione perché ha alle spalle un pezzo importante del Pd come ha dimostrato l’endorsement di Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura, esponente di un’area del Pd non-renziana.
Inoltre questa volta c’è un altro fattore da mettere in conto: i 5 Stelle. Per vincere la sfida con il Movimento, che pure pesca voti nell’area di sinistra, diventa necessaria la caccia ai voti moderati, quelli che in blocco hanno premiato per lunghi anni il partito del Cavaliere. E che certo non sono spariti. Ed è curioso che proprio Berlusconi, in un’intervista di Francesco Verderami al Corriere della Sera, mandi un messaggio politico contro i 5 Stelle, come a voler fare – insieme al Pd – da argine all’affermazione dei grillini. «La particolarità di tutti i loro parlamentari è che prima di essere eletti al Parlamento non hanno saputo far niente di buono neppure per sé e per la propria famiglia. Come potrebbero amministrare una città o addirittura il Paese?», sostiene il Cavaliere. Certo dice che a un ballottaggio Pd-5 Stelle voterebbe scheda bianca. Ma Berlusconi non è Stefano Fassina che, a Roma, ha ipotizzato il suo voto per Grillo.