giovedì 3 dicembre 2015

il manifesto 3.12.15
Siria, intervento militare Israele non si limita a raid aerei
Netanyahu. Il premier israeliano ha ammesso gli attacchi compiuti dall'aviazione in territorio siriano
Ma sono noti i contatti che l'Esercito dello Stato ebraico mantiene con i "ribelli" anti Assad, spesso anche i qaedisti di al Nusra
di Michele Giorgio


Non si limita solo ai raid aerei “l’operatività” di Israele in Siria, come lasciava intendere l’altro giorno Benyamin Netanyahu. Ammettendo per la prima volta che Israele sta intervendo militarmente in Siria, il premier e leader della destra ha spiegato che i bombardamenti aerei sono finalizzati ad impedire che si apra «un fronte contro Israele, quello che «l’Iran sta cercando di costruire sul Golan». L’obiettivo, ha aggiunto, è «contrastare il trasferimento di particolari armi dannose dalla Siria al Libano. Continueremo a farlo». Qualche ora prima Netanyahu aveva riferito che militari israeliani e russi si sono incontrati «per intensificare il coordinamento in modo da prevenire incidenti. Vogliamo aumentare la cooperazione per evitare collisioni sui cieli siriani». In realtà non è tutto così semplice e occasionale come vorrebbe far apparire il premier israeliano.
Israele in realtà opera in modo ampio e da lungo tempo in Siria, anche se focalizza il suo intervento militare sulle regioni meridionali del Paese arabo. Dopo l’inizio della guerra civile, lo Stato ebraico ha accolto e curato tra 1.000 e 1.800 siriani rimasti feriti nei combattimenti a ridosso delle Alture del Golan tra forze governative e formazioni islamiste. Per il governo israeliano si trattarebbe di un “aiuto umanitario” che spesso ha riguardato bambini rimasti coinvolti in scontri a fuoco e bombardamenti. Tuttavia negli ospedali di Safed e Nahariya sono stati ricoverati anche numerosi miliziani anti Bashar Assad e non solo “ribelli moderati”. Un documentario girato in questi ospedali da un team di Vice News ha mostrato che tra i siriani ricoverati c’erano combattenti dei gruppi più radicali, come il Fronte al Nusra, il ramo siriano di al Qaeda che controlla parte della fascia di territorio a ridosso del Golan. Uno di questi è stato ucciso qualche mese fa da una folla inferocita di drusi mentre veniva trasportato all’ospedale di Safed con una ambulanza israeliana.
Israele intrattiene contatti regolari con gruppi armati che combattono contro Damasco. Un rapporto delle Nazioni Unite riferì un anno fa che le Forze di Disimpegno degli Osservatori delle Nazioni Unite (Undof), schierate lungo le linee di armistizio del Golan, avevano registrato relazioni frequenti tra ufficiali israeliani e miliziani siriani che combattono contro Damasco. Il successivo arresto per «spionaggio e contatti con agenti stranieri» di un druso che postava sui social network video e foto dei contatti ravvicinati tra l’esercito di Tel Aviv e i “ribelli” ha ulteriormente alimentato le indiscrezioni su attività segrete di Israele per spezzare l’alleanza di Assad con gli alleati libanesi di Hezbollah e Teheran. Da tempo peraltro gli analisti militari israeliani, a cominciare da Amos Gilad, affermano che il destino della Siria è di essere suddivisa in cantoni, controllati dai diversi attori che agiscono sul terreno. E tra questi esperti non manca chi minimizza il pericolo rappresentato dall’Isis, almeno per gli interessi di Israele. «Sono poche migliaia di terroristi sui pick-up, armati solo di kalashnikov. Occupano terre che nessuno vuole», ha commentato qualche mese fa l’ex capo dell’intelligence Amos Yadlin. Mentre Netanyahu continua a concentrarsi sulla «minaccia iraniana» e su presunte postazioni avanzate che Tehran starebbe allestendo a breve distanza dalle Alture del Golan. Anche di recente Israele ha colpito con i suoi aerei in territorio siriano, non solo in a ridosso del Golan. Secondo i media siriani legati all’opposizione, i cacciabombardieri israeliani avrebbero preso di mira presunti convogli di armi destinate a Hezbollah prima nei pressi dell’aeroporto di Damasco e poi nel Qalamoun, lungo il confine con il Libano. Sarebbero morti almeno otto combattenti sciiti e cinque soldati dell’esercito