martedì 29 dicembre 2015

il manifesto 29.12.15
55mila nuove case per i coloni
Israele/Territori occupati. Lo rivela il movimento pacifista Peace Now
Saranno costruite colonie ebraiche anche nella Zona E-1 per spezzare la Cisgiordania in due parti
Intanto una nuova legge punta a chiudere la bocca alle Ong che contestano le politiche della destra
di Michele Giorgio


GERUSALEMME Una immensa colata di cemento in Cisgiordania e a Gerusalemme Est che, se realizzata, confinerà i palestinesi in quei cantoni che un giorno saranno, forse, chiamati Stato di Palestina. Il ministro dell’edilizia israeliano Yoav Gallant ha dato il via a piani preliminari di sviluppo delle colonie ebraiche che prevedono la costruzione nei prossimi anni di 55.548 case. A denunciarlo è stato ieri il movimento Peace Now. La rivelazione si abbina alle dichiarazioni fatte ieri dal ministro Naftali Bennett, leader dell’ultranazionalismo religioso. «È giunto il momento di dire che Eretz Israel (la Terra di Israele) ci appartiene – ha detto Bennett alla radio militare — Dobbiamo passare dalla difensiva ad un’iniziativa con cui la sovranità israeliana sia estesa alle parti della Giudea-Samaria (Cisgiordania, ndr) che sotto nostro controllo», ha aggiunto il ministro alla radio militare riferendosi alla Zona C, il 60% della Cisgiordania occupata, sotto il controllo esclusivo di Israele. Le decine di migliaia di case per coloni che il governo israeliano intende far costruire nei Territori occupati sono in linea con le aspirazioni del ministro Bennett.
Le case saranno costruire in punti strategici, allo scopo evidente di impedire che lo Stato di Palestina (al quale ben pochi ancora credono) abbia un territorio omogeneo e sovrano. 11.543 alloggi, ad esempio, sono progettati a Maale Adumin a Est di Gerusalemme, la più grande delle colonie ebraiche, e nella vicina e strategica area E-1. Un nuovo insediamento in quella zona spezzerebbe in due la Cisgiordania all’altezza di Gerusalemme. L’estensione della colonizzazione all’area E-1, avverte Peace Now, «impedirebbe la continuità territoriale di un futuro Stato palestinese». La loro esecuzione, aggiunge l’organizzazione pacifista «contrasta con le promesse fatte agli Stati Uniti (di non costruire nell’area E-1, ndr) — prosegue — e minaccia concretamente la possibilità di arrivare alla soluzione dei due Stati». Peace Now peraltro è a conoscenza di altri piani per la costruzione di migliaia di alloggi a est del Muro eretto da Israele in Cisgiordania e per l’estensione della presenza ebraica a Gerusalemme est. L’iter per la realizzazione di questi progetti potrebbe richiedere anni ma ormai i piani sono stati avviati e con il governo di destra al potere la loro realizzazione è garantita.
È un’offensiva incessante, contro il diritto internazionale e le risoluzioni dell’Onu, che si manifesta mentre il premier Netanyahu e gran parte dei suoi ministri lanciano appelli al rispetto della legalità e delle istituzioni dello Stato, in risposta alla difesa ad oltranza da parte dei coloni più radicali dei sospettati per l’assassinio del piccolo palestinese Ali Dawabsha (uno è stato scarcerato ieri). Ma le 55mila nuove case non sono l’unico “regalo” che l’esecutivo (e la Knesset) fanno ai coloni e alla destra estrema. Si avvicina l’approvazione della cosiddetta “Legge della trasparenza” che colpirà le Ong israeliane che si finanziano per oltre il 50% con donazioni e fondi che arrivano da altri Paesi. Quasi tutte sono di sinistra. «Vogliono delegittimare chi critica la politica del governo» denunciano i responsabili delle Ong. Dietro la legge c’è ancora una volta Casa ebraica secondo cui diversi Paesi stranieri interferiscono nelle questioni interne di Israele attraverso il finanziamento di strutture non governative contrarie alla colonizzazione dei Territori occupati. Già da alcuni anni le Ong sono obbligate a riferire ogni tre mesi di ogni finanziamento ricevuto da ”entità straniere”. Ora con la nuova legge i rappresentati delle Ong dovranno esibire un distintivo durante ogni incontro con esponenti pubblici.
La legge invece ignora i finanziatori privati che donano generosamente alle associazioni e ai gruppi dell’estrema destra (che rientrano nell’area del governo). Nessun distintivo, ad esempio, è previsto dalla legge per il ricco uomo d’affari israelo-americano Sheldon Adelson che con le sue donazioni sostiene Netanyahu e una fetta consistente della destra. «Invece di combattere il terrorismo della destra — ha denunciato Peace Now — Netanyahu favorisce una legge che vuole imporre distintivi a chi lotta per la pace e per i diritti umani».