domenica 20 dicembre 2015

il manifesto 20.12.15
Pronto il “Rahav”, cresce sui mari la potenza nucleare israeliana
Israele. La Germania, dove sono costruiti i sommergibili israeliani, contribuisce a creare un arsenale atomico galleggiante in Medio Oriente di cui nessuno parla.
Michele Giorgio


GERUSALEMME Mentre il Congresso discute il rinnovo, sicuro, del finanziamento annuale statunitense di tre miliardi di dollari, in gran parte ad uso militare, destinato a Israele, il portavoce delle Forze Armate dello Stato ebraico ha diffuso le foto del sottomarino “Rahav” (“Nettuno”, in ebraico) che lascia il porto tedesco di Kiel diretto ad Haifa. Il “Rahav” è l’ultimo dei sommergibili di classe Dolphin II, di fabbricazione tedesca, ad entrare in servizio e, nel silenzio internazionale, accrescerà ulteriormente le capacità atomiche di Israele che non ha mai firmato il Trattato di non proliferazione nucleare e continua a mantenere segreto il suo arsenale atomico costituito, secondo alcuni esperti internazionali, da 100 forse 200 bombe.
Costruito nei cantieri Howaldtswerke-Deutsche Werft, con un costo di 2 miliardi di dollari sostenuto dalla Germania (nel quadro dei risarcimenti tedeschi per l’Olocausto), il “Rahav” non è a propulsione atomica ma, come altri due dei quattro sommergibili israeliani costruiti in Germania già in servizio, è in grado di trasportare missili con testate nucleari nei mari del Medio Oriente e nell’Oceano Indiano. Se gli Stati Uniti sono garanti della superiorità bellica di Israele nei confronti degli altri Paesi della regione, la Germania di Angela Merkel da anni contribuisce alla costituzione di una flotta di sottomarini israeliani dotati anche di armi non convenzionali.
Grazie all’aiuto di Berlino, Israele può tenere sotto il tiro dei suoi missili Popeye con una gittata di 1500 km e armati con atomiche fino a 200 chilogrammi non solo il “nemico” Iran, la Siria, tutti gli altri Paesi arabi e parte dell’Asia centrale. Tre anni fa, la rivista tedesca Der Speigel, in un servizio di 12 pagine intitolato “L’Operazione Sansone”, scrisse che i missili israeliani con testata nucleare possono essere lanciati dai sommergibili grazie a un sistema idraulico speciale di ultima generazione. «Utilizzando la tecnologia tedesca, Israele ha creato un arsenale nucleare galleggiante in Medio Oriente», aggiunse il giornale. Angela Merkel ha sempre negato che i sottomarini consegnati a Israele siano in grado di trasportare testate nucleari. In realtà, spiegava Der Spiegel, il governo tedesco è consapevole della capacità nucleare dei sommergibili però accetta di guardare da un’altra parte in nome della “sicurezza di Israele”.
Nella visione strategica israeliana, ha scritto Ronen Bergman, analista militare per il quotidiano di Tel Aviv Yedioth Ahronot, il “Rahav” e gli altri sottomarini garantirebbero a Israele la capacità del “secondo colpo”, ossia la possibilità di rispondere con le atomiche ai nemici anche dopo aver subito un attacco nucleare. Altri esperti, non israeliani, sostengono che i sommergibili hanno il compito di affermare la superiorità militare e la potenza nucleare dello Stato ebraico nella regione, quindi di rappresentare un potere di deterrenza, o, secondo un altro punto di vista, una costante minaccia non dichiarata davanti alle coste degli avversari. È perciò strategica la capacità che il “Rahav”, il suo predecessore “Tanin” e il sesto sommergibile israeliano ora in costruzione in Germania, hanno di rimanere in immersione anche per 18 giorni consecutivi.
Sarebbe l’Eritrea, secondo il centro ricerche strategiche Stratfor, a fornire una base navale strategica, nell’arcipelago di Dahlak, ai sottomarini di Israele che si alternano nella missione di tenere sotto tiro l’Iran e nel controllo delle navi di Tehran che entrano nel Mar Rosso. Allo stesso tempo l’Eritrea assicura un porto, ad Assab, anche alla Marina militare iraniana, ottenendo dai due Paesi avversari armi e aiuti finanziari.