il manifesto 11.12.15
Lettera alla ministra Lorenzin: pillola abortiva, obbligo di ricovero «inappropriato»
La ministra della Salute Beatrice Lorenzin
di Mirella Parachini
ginecologa, socio fondatore dell’Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto
Risale al 1999 il decreto legislativo che fornisce le prime indicazioni per la valutazione dell’inappropriatezza in ambito ospedaliero, indicando come inappropriati «i casi trattati in regime di ricovero ordinario o in day hospital che le strutture sanitarie possono trattare in un diverso setting assistenziale con identico beneficio per il paziente e con minor impiego di risorse». (Dl 229/99). Quale esempio migliore di grossolana inappropriatezza l’obbligo di ricovero ordinario in ospedale per la somministrazione della «pillola abortiva», la Ru486?
Tale obbligo è previsto in base al parere del Consiglio Superiore di Sanità, ripetuto per ben tre volte, che trascurando o misconoscendo lo svolgimento della procedura in quasi tutti i paesi in cui viene adottata, prevede il regime di ricovero ordinario «fino alla verifica della completa espulsione del prodotto del concepimento». Amica, Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto, ha inviato una lettera aperta alla Ministra della Salute Lorenzin con la richiesta di rendere accessibile l’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico nei consultori familiari e nei poliambulatori, come previsto dall’articolo 8 della legge 194, o, quando necessario, in regime di day hospital, e non, come oggi avviene nella maggior parte dei casi, in regime di ricovero ordinario. Non essendo il parere del Consiglio Superiore di Sanità vincolante, alcune Regioni , quali Emilia Romagna e Lazio, hanno adottato il regime di ricovero in day hospital per la procedura farmacologica di Ivg .
In molti Paesi del mondo le «pillole abortive» vengono dispensate in regime ambulatoriale, in strutture analoghe ai nostri consultori o addirittura dai medici di medicina generale: in Francia (ma non solo) dal 2004 esiste una rete sanitaria «medico curante-ospedale» finanziata con fondi pubblici che permette di effettuare una Ivg farmacologica al di fuori della struttura ospedaliera. Questo dovrebbe essere possibile anche in Italia. La legge 194 del 1978 prevede che: «Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione». (art.8)
L’associazione Amica nasce dall’esperienza di operatrici della legge 194 (medici non obiettori di coscienza nei confronti della Ivg-interruzione volontaria della gravidanza) appartenenti a diverse realtà sanitarie di Roma, che da anni si battono per l’applicazione della legge e contro l’uso strumentale dell’obiezione di coscienza. Questo impegno si inserisce in quello più ampio sulla difesa della salute riproduttiva e della libertà delle scelte in questo ambito, quali innanzitutto l’accesso alla contraccezione.
Hanno aderito a questa iniziativa personalità quali Emma Bonino, già ministro degli Esteri, e Carlo Flamigni, membro del Comitato nazionale di bioetica e presidente onorario Uaar, numerosi parlamentari, specialisti ginecologi, docenti universitari, esperti di sistemi sanitari , sindacalisti e numerose associazioni tra le quali l’Associazione Luca Coscioni con il segretario Filomena Gallo.