Repubblica 11.12.15
Il burqa in ospedale?
La ginecologa Kustermann “Qui da noi nessun divieto”
intervista di Zita Dazzi
MILANO. «Il burqa in ospedale? Ma non esistono donne che pretendono di farsi visitare in quel modo. A cosa serve vietarlo per legge? È assurdo». A parlare è Alessandra Kustermann, primario alla clinica Mangiagalli, una delle ginecologhe più note in città, con migliaia di pazienti di ogni età e provenienza.
Le è mai capitato di visitare una donna velata?
«Raramente. Se arrivano velate, si svelano appena entrano in ambulatorio. Non c’è bisogno di sollecitarle, nessuna fa storie. Mi sembra che si stia creando un caso sul niente».
Dicono che è per una questione di sicurezza. Lei non ha paura davanti a un niqab?
«Sinceramente, allora non capisco perché non aver paura anche delle donne del sud che arrivano in ospedale vestite di nero e col fazzoletto sul capo. E che dire delle suore? Insomma, il velo è un indumento che per alcune donne musulmane è un segno di identità. Mi pare segno di intolleranza vietarlo».
Gli immigrati non devono adeguarsi alle nostre usanze?
«Su alcune questioni, di sicuro. Sono inaccettabili per esempio le mutilazioni genitali o le violenze sulle donne motivate da ragioni religiose. Ma prendersela con chi indossa il velo, per me è sbagliato».
Quindi non applicherete il divieto in corsia?
«Ci mancherebbe. Non è compito di noi medici o degli infermieri controllare gli abiti dei pazienti. E non credo che lo faranno gli uscieri. Voglio vedere se la Regione intendere spendere fondi per avere guardie giurate che cerchino i rarissimi niqab e burqa in ospedale».
Ne state parlando almeno?
«Con tutti i problemi della sanità, sinceramente, mi sembra assurdo perdere tempo con una cosa del genere. È un problema inesistente, agitato chiaramente per altri scopi. E in ogni caso, i medici non sono addetti all’ordine pubblico».