giovedì 10 dicembre 2015

il manifesto 10.12.15
Generazione «Tanguy», il rifiuto di una società
Francia. L’exploit lepenista tra i giovani: La radiografia del voto francese dice che il 35% di chi ha scelto il Fn ha tra 18 e 24 anni
Ma il primo partito resta quello dell’astensione
di Guido Caldiron


Generazione «Tanguy» contro generazione «Bataclan». Si potrebbe forse leggerla anche così, la radiografia del voto per il Front national che vede l’estrema destra primeggiare nelle scelte dei giovani appartenenti ai ceti popolari, vale a dire quei ragazzi che sono sempre più spesso costretti dalla precarietà e dalla disoccupazione, ma anche dal costo degli affitti, a restare, o tornare rapidamente a vivere con i propri genitori.
Perché se l’elettore tipo di Marine Le Pen, il più rappresentativo dei circa 6 milioni di francesi che hanno votato per il suo partito, continua ad essere un maschio tra i 35 e 45 anni dalla carriera lavorativa e dal redditto non proprio entusiasmanti, più proletariato che ceto medio — rispondono a questa categoria il 31% di coloro che hanno scelto i candidati frontisti -, mentre le donne, più o meno della medesima fascia sociale, sono in rapida crescita — erano il 18% nelle presidenziali del 2012, sono state il 23% domenica scorsa -, il vero exploit del primo turno delle regionali il Fn lo ha fatto registrare tra i più giovani. Un segnale importante, e inquietante, che non depone certo a favore delle tesi che indicano nel movimento lepenista una sorta di epifenomeno della crisi, destinato a rimarginarsi rapidamente.
È vero, come testimonia un sondaggio Ipsos realizzato alla vigilia del voto, che il primo partito dei giovani francesi tra i 18 e i 24 anni, vale a dire coloro che sono al debutto come elettori, ma anche tra chi ne ha tra 25 e 35, è nettamente quello dell’astensione — il 65% dei primi e il 66% dei secondi annunciava che non si sarebbe neppure recato alle urne -, ma si deve considerare come nel paese, secondo un’abitudine ormai piuttosto consolidata, ad esercitare le loro prerogative di elettori siano all’incirca metà degli aventi diritto. Perciò, se è su questa proporzione di consensi espressi che si calcola il 28% nazionale attribuito al Front national, si dovrà fare lo stesso anche in riferimento alle fasce di età da cui arrivano questi consensi.
Perciò, secondo il campione di poco meno di 10mila giovani sondato sia prima che dopo il voto, una delle novità più clamorose di queste elezioni sarebbe proprio la forte crescita dell’estrema destra presso le nuove generazioni. Dopo essere diventato da alcuni anni il primo partito operaio del paese — 49% delle tute blu e dei lavoratori manuali hanno votato Le Pen il 6 dicembre -, il Fn è diventato anche quello con l’elettorato più giovane con percentuali che raggiungono il 35% nella fascia 18–24 anni e il 28% in quella 25–34. Per fare un paragone, il Ps e Les Républicains seguono con proporzioni inferiori anche di più di 10 punti, tra il 21 e il 27%, mentre solo la somma di tutte le liste di sinistra, oltre ai socialisti anche i Verdi, il Front de Gauche e il Nuovo partito anticapitalista, arriva a competere con i numeri di Le Pen. Inoltre, il dato relativo ai consensi dei più giovani in favore del Front national non fa che amplificarsi di elezione in elezione: è cresciuto di 5 punti in pochi anni.
Difficile credere che si tratti però di un voto di piena adesione alle idee frontiste, visto che i gruppi della destra radicale giovanile, affini al Fn, come Les Identitaires, godono nel paese di scarso seguito. Secondo lo studioso Jean-Yves Camus, anche in questo caso è soprattutto il profilo «sociale» del voto a offrire elementi utili all’analisi. «In Francia esiste una frattura tra i giovani che dispongono di un diploma e chi invece ha lasciato la scuola. Il lavoro manuale è stato talmente svalutato che chi non ha studiato si sente di non contare niente. In questi ambienti giovanili, votare Fn significa esprimere il rifiuto di una società che non offre chance, non un consenso ideologico».
Del resto, proprio pochi giorni prima delle elezioni, la Fondation Abbé Pierre aveva diffuso i risultati di un’indagine su quello che definiva come il «fenomeno Tanguy», vale a dire il fatto che per effetto della crescente disoccupazione giovanile e dei bassi salari, un numero crescente di giovani scelga non per volontà — come faceva il protagonista del celebre film di Etienne Chatiliez -, ma per necessità, di restare in famiglia talvolta fino alla soglia dei quarant’anni. Un fenomeno nuovo per la Francia che coinvolgerebbe oltre 4,5 milioni di giovani di più di 25 o 30 anni.
Senza scomodare il 68, dopo la generazione che negli anni di Mitterand si era riconosciuta nel movimento Touche pas à mon pote o nelle proteste seguite alla morte per mano della polizia di Malik Oussekine o quella detta black-blanc-beur in occasione dei mondiali 1998 di calcio, si ha l’impressione che più che nei simboli della Francia meticcia colpita al cuore al Bataclan, dalle urne sia uscito il ritratto di giovani che, anche loro malgrado, si rinchiudono in sé, come Tanguy.