giovedì 3 dicembre 2015

Corriere 3.12.15
Silicon Valley la strategia delle donazioni filantropiche
di Massimo Gaggi


Prima l’onda dei miliardari che, spinti da Bill Gates, promettono di dare in beneficenza più della metà del loro patrimonio. Poi il fondatore di Microsoft che promette di «donare» il 95 per cento, ora Mark Zuckerberg che alza l’asticella fino al 99%. Leciti tanto l’ammirazione (quale altro campione del nostro capitalismo familiare ha fatto altrettanto?) quanto lo scetticismo (per adesso donerà solo un miliardo l’anno dei 45 che ha messo sul piatto nella sua lettera alla figlia appena nata).
Ma, più che sulla scelta in sé, vale la pena soffermarsi su motivazioni e conseguenze possibili. Che sono economiche ma soprattutto politiche. Almeno tre i nodi su cui riflettere. Intanto il rischio che con la filantropia dei miliardari-donatori della Silicon Valley appaia risolto il problema della concentrazione della ricchezza prodotta dallo sviluppo dall’economia digitale. Dare soldi a qualche scuola (Zuckerberg) o debellare le malattie endemiche in Africa (Gates) è cosa meritevole, ma non incide sulle sperequazioni nella distribuzione dei redditi che vanno affrontate con altri strumenti.
In secondo luogo dietro la scelta di Zuckerberg, più che filantropia, c’è il progetto politico di cambiare il mondo secondo le sue convinzioni in campi come sanità, istruzione e sviluppo dei corpi sociali. A gestire il patrimonio donato non sarà, infatti, una fondazione come quella di Gates, ma una sorta di società a responsabilità limitata: formula che consente a Zuckerberg di investire anche in imprese «for profit», di finanziare campagne d’opinione, dare soldi a politici e svolgere attività di lobbying. Tutto lecito, basta sapere di cosa parliamo.
Infine la scuola: Priscilla la vuole rivoluzionare sostituendo programmi e classi con una nuova «istruzione personalizzata». Magari una scossa positiva all’immobilismo ministeriale, ma qui parliamo di scelte dalle conseguenze culturali imponenti.