giovedì 31 dicembre 2015

Corriere 31.12.15
«Sono affascinato dall’occhio» Il suo legame con l’arte romanica
di Irene Soave


«Per me l’occhio si collega alla mitologia. Cosa intendo per mitologia? Per me è mitologico tutto quello che è dotato di un carattere sacro, come lo è una antica civiltà». Forse possiamo partire da qui per avvicinarci a al rapporto, troppo poco indagato dalla critica, di Joan Miró con l’arte romanica, con gli affreschi del San Clemente a Tahull, staccati nel 1920, ed esposti ora al MNAC di Barcellona. Lo conferma il pittore: «Posso dirti da dove vengono i miei personaggi che hanno occhi ovunque... da una cappella romanica in cui si trova un angelo e le sue piume sono sostituite da occhi, sono sempre affascinato dall’occhio… l’occhio vede tutto».
Gli affreschi del San Clemente e di Santa Maria di Tahull, ben noti anche prima dello stacco dalle due chiese della valle di Bohì nei Pirenei, sono capolavori romanici datati 1123. L’abside del San Clemente mostra al centro, in mandorla, il Pantocratore, a destra due grandi angeli, sotto i simboli evangelici con il Toro e il Bue dai corpi densi di occhi; accanto a loro i cherubini, le ali brulicanti di occhi, come del resto i due cherubini dell’abside di Santa Maria de Aneu pure al MNAC di Barcellona (c. 1100). A Tahull la scena è quella della fine dei tempi dove si collegano l’Apocalisse di Giovanni e la visione di Ezechiele: ma perché sono tanti gli occhi dei cherubini? Essi, con sei ali, due a coprire il corpo, due verso l’alto, due spiegate, stanno, dopo i serafini, nel cielo più prossimo a Dio, occhi dunque come simboli della conoscenza assoluta, per l’uomo irraggiungibile.
Miró assume, dai dipinti romanici, le tinte piatte, la dissoluzione dello spazio, lo scandito contorno, gli occhi segno di conoscenza. Certo, a Parigi (1919), il pittore deve avere amato anche il «primitivo» del Doganiere Rousseau ma, mentre Picasso studia la scultura negra, lui recupera le proprie radici, gli affreschi romanici dove «l’occhio si collega alla mitologia... del sacro».