Repubblica 31.12.15
Una repubblica fondata sul Natale
di Guido Ceronetti
BRUTTO segno quando vedi apparire in giro e occupare le prime, ballatoi, alberghi, savane, e l’ignobile espressione floreale di colore rosso scarlatto detta Stella di Natale.
Vuol dire che la peste delle feste di fine anno è alle porte. Signore, fino a quando?
Craxi ci fece sognare nei suoi onesti anni: per due anni consecutivi aboliva la Befana festiva. Sindacati e Vaticano congiunti lo costrinsero a reintrodurla.
Sulle illuminazioni di strade (vedi un po’, quelle commerciali e pedonali) si è cominciata a fare qualche provvida, anche se tardiva, economia; ma i regali restano una insana inconfondibile febbre maniacale.
Aveva senso e incanto l’eredità di Greccio, il presepe, statico e meccanizzato; ma non è penetrata nei templi della Santa Grande Distribuzione e nelle case ha prevalso l’abete nordico e i regali ai bambini li porta il vecchione con le renne sempre ricomparente nel quale i bambini fingono di credere e che oggi riceve un numero incalcolabile di email dai miliardi di frange più povere di complessiva evoluzione mentale.
Era un grande affare, finalmente, la fine d’anno per la strenna-libri ma temo stia cessando di esserlo. Oppure c’è vendita traboccante di libri di cucina, di diete e di eBook, sintomo forte di agonia della lettura autentica: quella da cui li separerà soltanto “nostra sorella morte corporale”. I librai me lo vorranno subito scrivere con posta verace presso questo giornale che mi trasmetterà alla clinica dove attualmente trascorro le mie giornate per colpa delle diete longevizzanti che ho seguito per istinto di lunga conservazione. Perché potrebbe essere accaduto qualcosa d’inaudito: le vendite dell’anno 2015 potrebbero essere state favolose, di narrativa celebre e persino di storia della Grande Guerra quasi dimenticata, di appena cento anni fa con esiti strepitosi.
Una caduta totale certa di vendite- strenna è quella che io ho incrementato per più di ottant’anni: le stilografiche. Io le incremento, sia pure riduttivamente da questa camera di malato dove vado scrivacchiando, con un pennino d’acciaio queste appassionanti osservazioni. Dai cartolai sono quasi scomparse le care stilo, le disprezzano perfino i malviventi più operativi. Non le vedi più che in qualche vetrina di Casa della Penna morente nel gorgo antropizzato da radiosi cellulari.
Ma, dimmi, l’uomo pensa ( homo cogitans) — Spinoza dixit — e questo assioma avrà ancora corso legale o è stato spazzato via da un immane tsunami tecnologico ed è rimasto impigliato nella memoria tarlata di una cattedra naufraga da cui s’irradiava filosofia?
E poi non sarebbe una galera, per esseri fisicamente così poveri, pensare sempre senza mai distrarsene? Pensiamo a come muore Cesare: la sua preoccupazione, sotto i pugnali dei congiurati, è di proteggersi i genitali con la toga, narra Suetonio.