mercoledì 30 dicembre 2015

Corriere 30.12.15
Il traguardo di ottobre per esorcizzare il voto amministrativo
Restano sullo sfondo anche i temi banche e smog
di Maria Teresa Meli


ROMA Benché abbia fama di grande improvvisatore, difficilmente Matteo Renzi lascia le cose al caso.
Perciò quando il presidente del Consiglio decide di far puntare le luci dei riflettori mediatici sul referendum costituzionale del 16 ottobre, lo fa con un motivo ben preciso. Ossia, dare grande risalto a questo appuntamento,lasciando sullo sfondo le Amministrative, che per il Partito democratico — e, ovviamente, per il suo leader — rappresentano un grande terno al lotto.
Non è un caso, quindi, che il premier dica che il voto locale «serve a eleggere i sindaci e non i primi ministri», mentre invece metta sul piatto della bilancia le dimissioni nel caso in cui le urne bocciassero la «sua» riforma costituzionale.
Dell’esito dell’appuntamento d’autunno, Renzi è abbastanza sicuro. Se non altro perché, sondaggi favorevoli a parte, sul filo conduttore di quella campagna elettorale — innovatori contro conservatori — può giocare con tranquillità e con la ragionevole certezza di convincere l’elettorato.
Sono le amministrative, con la palla al piede dei candidati sindaci che non ci sono (o che, comunque, sono troppo deboli) e con le incognite di città importanti come Roma e Napoli — il suo vero, grande, problema.
Renzi sa che nelle elezioni di giugno «tutti i partiti giocheranno contro il Pd» e che «la sinistra punta a farci perdere». Come sa che i sondaggi sulle intenzioni di voto nella Capitale sono disastrosi. Il Partito democratico, nella migliore delle ipotesi, veleggia intorno al 19 per cento. Il Movimento Cinque Stelle ottiene poco meno del doppio.
Certo, anche il referendum rischia di trasformarsi in una lotta di tutti contro uno (cioè Renzi), però il presidente del Consiglio sa di avere più consensi del suo partito. Non si può dire, ma è così. E infatti annuncia che per l’iniziativa referendaria farà «campagna elettorale in prima persona», mentre si terrà defilato sulle Amministrative, con un piede dentro e l’altro fuori.
Del resto, su quel voto pesano non solo troppe incognite ma anche alcune non rassicuranti certezze. Quelle che riguardano l’impatto che ha avuto sugli italiani la vicenda degli istituti di credito salvati dal governo, per esempio. «Stanno strumentalizzando questa storia e ora sembra che le vicissitudini delle banche siano solo un affare del Pd», si lamenta Renzi.
E, ancora, la gestione delle città da parte del centrosinistra: pure questa è una storia che grillini e leghisti utilizzano nella loro battaglia contro il premier, e, soprattutto, è una storia che può incidere — negativamente — sul voto di primavera. L’allarme smog è stato «amplificato» per «prendere voti»: di questo Renzi è sicuro.
Ma non finisce qui. Quanto peserà la decisione che verrà presa prima delle Amministrative sulle unioni civili? Ieri il premier ha ricordato: «I primi a sposare la “ stepchild adoption” siamo stati noi alla Leopolda». Ma era nel 2014, quando nessuno pensava ancora di utilizzare un tema del genere nella battaglia contro Renzi.
Adesso la situazione è mutata. Se «stepchild adoption» sarà il premier avrà contro non solo gli alleati ncd, ma anche i cattolici del Partito democratico. E se invece quella norma verrà tolta dalla legge delle unioni civili, Renzi verrà bersagliato dalle critiche della sinistra. È vero — come dice il premier e come tentò di spiegare prima di lui Tony Blair a dei perplessi Fassino, Rutelli e D’Alema — che i leader «cambiano» i sondaggi facendo politica, ma è anche vero che per il Pd i dati sono particolarmente negativi, almeno in alcune città. E «cambiare verso» a questi sondaggi è impresa assai difficile. Perciò il premier si tiene ben stretto il paracadute del referendum, non si sa mai il voto locale si riveli un problema: «È quello il mio vero obiettivo e allora li spianeremo tutti».